Le meraviglie della nostra bella Brianza sono proprio dietro l’angolo. E se troviamo stupefacente la forma architettonica degli edifici, il loro alternarsi di colonne e di archi, rimaniamo ancora più meravigliati di fronte all’artisticità custodita al loro interno.
E’ senza dubbio il caso di Palazzo Rasini, ubicato al centro di Cavenago di Brianza.
Fortemente voluto da Marcantonio Rasini, conte di Cavenago, nel 1580 per ampliare una casa in stile nobiliare, da allora partì il progetto dell’architetto Martino Bassi per soddisfare le aspettative del conte e realizzare un edificio storico di grande bellezza.
Dopo una serie di lavori e di modifiche e restauri, che si sono susseguiti nel corso degli anni, Palazzo Rasini presenta oggi un aspetto raffinato, signorile, ma allo stesso tempo accessibile: una bellezza architettonica che appaga la vista, ma che è anche fruibile dalla popolazione.
Una vasta corte d’onore ospita un edificio su due piani arricchito, al piano terra, da una doppia serie di porticati.
Nel corso del Seicento al complesso architettonico del Palazzo venne aggiunto un oratorio e, inoltre, alla fine del Settecento un’esigua torre dell’orologio.
Ad oggi, la facciata principale, con un massiccio portale d’accesso con mattoni a vista, seguito poi da torri e volte, caratterizza il lato predominante della piazza centrale di Cavenago che volge ad est.
L’estinzione della famiglia Rasini, alla quale il Palazzo deve non solo il suo nome ma la sua esistenza e il suo fasto, all’inizio dell’Ottocento, segnò la progressiva decadenza della villa, che passò prima ai Marcacci e poi ai Ponzoni che fortunatamente, all’inizio del Novecento, furono capaci di donarle un nuovo splendore aprendone le porte alla nobiltà milanese attraverso un’intensa attività sociale.
Infine, abbandonato, Palazzo Rasini fu sottoposto a un importante intervento di restauro negli anni ’90 del Novecento, e da quel momento è diventato sede del comune di Cavenago.
Proprio come una graziosa conchiglia di forma perfetta e dalle sfumature incantevoli, che si dischiude inaspettatamente per mostrare una perla ancora più bella, impeccabile e luminosa; Palazzo Rasini apre le sue porte, lascia che si oltrepassino le proprie volte, e presenta agli occhi dello spettatore le sue eleganti sale abilmente affrescate.
Partiamo dalla Sala delle Fontane, oggi ingresso della biblioteca comunale, essa deve il suo nome alla raffigurazione, sugli spigoli della volta, di quattro grandiose fontane. Queste ultime, sorrette da polimorfi telamoni (i corrispondenti maschili delle cariatidi), ospitano terne di putti che cavalcano dei delfini dall’aspetto mostruoso. Negli spazi che separano le fontane, compaiono gli ingressi di quattro grotte dalle quali l’occhio dell’osservatore, proprio come se fosse fisicamente davanti all’antro delle caverne, può scorgere il profilarsi di luoghi amoeni…cascate d’acqua che solcano la roccia, boschi, uccellini, una natura incantata.
Ma l’affresco centrale e che spicca subito alla vista è quello di Perseo che, cavalcando un apparentemente furioso Pegaso, stringe nel pugno la testa di Medusa.
La Sala delle Fontane condivide lo stesso autore con l’adiacente Sala di Giove, entrambe affrescate intorno al 1620, sembrerebbero essere frutto della mano di Carlo Antonio Procaccini. Focalizziamoci ora sulla Sala di Giove, così chiamata per l’affresco sul soffitto che mostra il padre degli dèi a cavalcioni di un’aquila, sullo sfondo di un sole raggiante che rende Giove ancora più divino. Tutt’intorno si alternano immagini simboliche: una coppia di draghi con le fauci spalancate; un vaso affiancato da due sirene arpie; e gli stemmi delle famiglie che varcarono la soglia del Palazzo e, quindi, lo stemma dei Rasini, un castello rosso in campo giallo; quello dei Visconti, una biscia azzurra coronata in sfondo bianco; quello dei Borromeo, un morso di cavallo in campo rosso; e quello dei Cusani, una croce verde in campo giallo.
E giungiamo ora in quella che può definirsi la stanza più maestosa, riccamente decorata e famosa di Palazzo Rasini: il Salone di Apollo. Affrescato nel 1750 e originariamente utilizzato per feste e ricevimenti dai conti Rasini, oggi il comune si serve del Salone di Apollo per celebrazioni non molto discordanti da quelle di un tempo, come conferenze, eventi culturali e matrimoni civili. Al centro del soffitto l’affresco Il Trionfo di Apollo, che dona alla stanza il suo raffinato nome. Opera magistrale dell’artista Mattia Bortoloni, collaboratore del Tiepolo, rappresenta il giovane dio Apollo mentre, sullo spuntare di un nuovo giorno, attraversa il cielo guidando il Carro del Sole, per scacciare le tenebre notturne e far sorgere la luce.
Inoltre, le pareti della sala sono ulteriormente impreziosite da stucchi in stile Rococò, attribuiti a Elia Vincenzo Buzzi. Questi ultimi portano le raffigurazioni di differenti episodi del mito di Apollo, oltre a quattro divinità romane (Saturno, Minerva, Nettuno e Giunone), simboleggianti i quattro elementi (Fuoco, Terra, Acqua e Aria) con trofei di fiori e di frutta, che simboleggiano invece l’alternarsi delle stagioni.
Forse non così maestosa e celebre come il Salone di Apollo, apre le sue porte ai visitatori la Sala da Pranzo, contenente però un altrettanto spettacolare affresco: La Gara delle Stagioni sottoposte al Giudizio del Tempo, opera di Domenico Pozzi. Sulla sommità del vortice di nuvole che riempie la parte alta dell’affresco, troneggia il Tempo rappresentato come un genio alato. Ai suoi piedi si alternano impazienti le quattro stagioni: l’Inverno, dalle sembianze di un vecchio barbuto, con accanto un calderone colmo di legna; l’Autunno, giovane vestito di rosso, che offre al Tempo una cornucopia piena di grappoli d’uva; l’Estate, una donna che rivolge le spalle allo spettatore, e siede vicino al grano appena falciato; infine la Primavera, una giovane in abito verde, che porge allo spietato giudice una ghirlanda di fiori.
E per ultima, ma non meno affascinante, troviamo la Galleria che si apre al piano nobile. Un recente restauro ha riportato alla luce degli affresci seicenteschi, che vedono musicisti e personaggi comuni della vita di corte affacciati sulla galleria dalle balconate, opere dei maestri Giovanni Paolo Cavagna e Giovanni Stefano Montalto.
Tra archi, volte, cortili e portoni, Palazzo Rasini si apre in tutta la sua bellezza mostrando i propri affreschi. Così, sul suolo di Cavenago, tra rappresentazioni di miti, dèi, simboli e stemmi, si erge uno scrigno di inestimabile valore artistico.
Francesca Motta