Il titolo sportivo salvo con onore, ma serve una nuova proprietà e nuova linfa.
Settimana decisamente sconsigliabile per i tifosi biancorossi deboli di cuore, quella vissuta dal Calcio Monza a fine maggio. In soli sette giorni si è passati dalla sorprendente vittoria per 2-0 a Pordenone nella prima partita dei play out (senza il bomber di riferimento Torri, squalificato e contro una squadra protagonista di un girone di ritorno favoloso, in rimonta dall’ultimo posto in classifica) alla dichiarazione ufficiale di fallimento della società; infine, dopo tre giorni, alla salvezza, conquistata in un rocambolesco ‘ritorno’ con il risultato di 6-3, dopo essersi trovato in svantaggio per 0.2 ad appena 19’ di gioco.
In mezzo, tanto per gradire, ecco gli sviluppi dell’operazione ‘Dirty soccer’, che ha portato all’arresto di 50 persone in tutta Italia con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva, in un mix esplosivo di n’drangheta, calcio e scommesse. Arrestati, tra gli altri, l’ex direttore generale dei biancorossi Mauro Ulizio, passato poi ai ‘domiciliari’ e l’attuale direttore sportivo Gianni Califano, quasi subito rilasciato per l’’esiguità del malfatto’ e la non pericolosità del soggetto, con, nel mirino degli inquirenti, anche due partite dei brianzoli: Monza-Torres del 17 dicembre 2014 e Bassano-Monza del 21 dicembre 2014.
Ma veniamo brevemente alla storia di questi undici anni, dal primo fallimento all’ultimo di questi giorni.
Nel 2004 Giambattista Begnini, imprenditore bergamasco con una spiccata predilezione per il ‘mattone’, eredita gli asset ed i titoli sportivi del fallito Calcio Monza, senza nessun presidente in carica e con il solo Cesare D’Evant ad occupare la posizione di Amministratore Delegato e crea l’Associazione Calcio Monza Brianza 1912. Le premesse sono più che incoraggianti, ma i risultati, nonostante ottimi campionati, non sono premianti, con un ripescaggio nell’allora Serie C1, due finali play-off per il passaggio in serie B persi in lotte impari, in bolge infernali, contro Genoa e Pisa e due salvezze risicate. Il nuovo presidente, nonostante un cuore d’oro ed un amore smisurato per la sua squadra, non se la sente più di continuare, vista l’impossibilità di raggiungere la Cadetteria e, dopo mille vicissitudini, con un quinquennio di passione, cede la società al campione rossonero Clarence Seedorf, affiancato da Jan Lagendick, facoltoso imprenditore residente nelle Antille Olandesi.
Il giocatore del Milan, già proprietario, tra le altre cose, di un rinomato ristorante a Milano e di un hotel in Costa Smeralda, in Sardegna, appare motivato dalla carica di presidente, inserisce un paio di giovani parenti, per la verità abbastanza mediocri, nella ‘rosa’ e partecipa alla vita sociale, presenziando anche al ristorante Saint George Premier, nel Parco di Monza, alla cena di Natale con i giornalisti, i numerosi sponsor ed i colleghi dirigenti. Il primo anno si chiude con una dignitosa salvezza e con il lancio di diversi giovani interessanti.
Quando tutto lascia presagire un futuro ricco di soddisfazioni, il giocattolo inaspettatamente si rompe. Seedorf, mal consigliato dal suo staff, si allontana sempre più dalla squadra che, nelle stagioni successive precipita, incamerando due retrocessioni consecutive. Il calciatore rossonero, contestato dai tifosi e con la società ridotta sul lastrico, trova il modo, nella notte di Capodanno in Brasile, di cedere tutto all’amico Anthony Emery Amstrong, un costruttore anglo-brasiliano con l’hobby dei motori, che si accolla i pesanti debiti della società e subentra nella gestione per un simbolico euro.
L’esordio è scoppiettante, con restyling allo stadio, presentazione della squadra all’inizio del campionato con fuochi artificiali sul Brianteo, degni di Mergellina e collegamento TV su Sky, progetti in grande stile per il Monzello e per lo stesso impianto di viale Sicilia, trasferimenti con una fiammante Ferrari rossa, anche se presa a noleggio e visita all’Autodromo Nazionale di Monza in pompa magna. L’incredibile sconfitta, nelle battute conclusive del match contro il Venezia nella finale play-off per passare in C1 (senza la penalizzazione per il calcio scommesse e le presunte ‘operazioni’ del suo capitano Vincenzo Iacopino, il Monza avrebbe vinto il campionato), non lo scoraggiano, tanto che l’anno successivo è il primo a gioire per la promozione della sua compagine nella nuova Lega Pro e per il raggiungimento della finale di Coppa Italia di categoria, poi persa immeritatamente contro la Salernitana. Il suo volto appare macroscopicamente sui muri e sugli autobus, persino in centro a Milano, per una massiccia campagna contro il razzismo, con scritte riportate per tutta la stagione anche sulle maglie dei giocatori, al posto del logo del tradizionale sponsor.
Amstrong, a questo punto, è particolarmente gasato. Allontana, senza apparenti motivi tecnici, il direttore Andrissi e l’allenatore Tonino Asta, beniamino dei tifosi, contatta addirittura Stramaccioni e Zeman per la panchina della sua squadra ed, infine, chiude la trattativa con l’altrettanto valido Fulvio Pea, ad un passo dalla serie A con il Sassuolo in un recente campionato, assicurandosi giocatori di livello, con il capocannoniere Virdis su tutti. Nella gran festa del Brianteo per l’amichevole d’inizio campionato con i rossoneri promette a Barbara Berlusconi e ad Adriano Galliani, presenti in tribuna d’onore, il derby Monza-Milan nel giro di pochi anni. Sembra l’inizio di una favola, con due vittorie nelle prime due giornate di campionato, rispettivamente contro il forte Novara in casa e contro l’ostico Renate in trasferta ed il primo posto in classifica. Per tutto il girone d’andata la formazione biancorossa occupa posizioni di vertice in zona play-off, tenendo vivo il sogno di una promozione in serie B.
Poi, prima di Natale, tutto crolla improvvisamente, con Amstrong costretto a rifugiarsi in Dubai, inseguito dai creditori inferociti, con l’azienda Lucky Seven sommersa da gravi problemi giudiziari e dai debiti, verso incauti soci entrati nel business, in quanto attratti dalle altissime rendite promesse nel giro d’un paio d’anni e, pure, nei confronti dell’entourage dell’Associazione Calcio Monza Brianza 1912, giocatori, allenatori e dipendenti compresi.
Dopo mesi di sbandamento, con i calciatori che, uno dopo l’altro, lasciano la società, arriva l’imprenditore Dennis Bingham, subito soprannominato ‘Mister Bin’, che acquista la società, pure lui, per un simbolico euro e, nonostante la pesante contestazione alla sua prima apparizione sulla tribuna del Brianteo, lancia proclami. Il suo misterioso regno dura, però, solo un mese e, squattrinato, abbandona pure lui, chiedendo, in ogni caso, ai successori una cifra intorno ai 100 mila euro, scesa, poi, stando alle voci, a 30 mila, più una vettura Smart. La curiosa trattativa, più da mercato del bestiame che calcistico, porta alla ribalta la “strana coppia”, proveniente da Roma e formata da Pietro Montaquila e Paolo Di Stanislao, già noti alle cronache giudiziarie per vicende legate al fallimento e allo scioglimento delle squadre del Lanciano e del Casale. I tifosi brianzoli, ormai esasperati, sentono puzza di bruciato e, alla prima apparizione al Brianteo, contestano sonoramente i due, costringendoli ad abbandonare lo stadio al termine del primo tempo della loro partita d’esordio in casa. Anche la conferenza stampa, organizzata dopo parecchie settimane dall’insediamento e diversi rinvii, non serve a fare chiarezza sulla situazione societaria. La squadra, ricostruita d’urgenza con giocatori liberi e inattivi per tutto il girone d’andata, trovati sul mercato dal direttore generale Ulizio, poi dimessosi, Pasini e Califano inanella una serie preoccupante di sconfitte e, nonostante il gran lavoro dell’allenatore Pea, rimasto stoicamente al timone, per la mancanza di condizione atletica e d’intesa, precipita in zona play-out.
La ricapitalizzazione, più volte promessa, non avviene mai, giocatori, allenatori e dipendenti del Monzello non vengono pagati ed i numerosi debiti rimangono non saldati. Soldi non ce ne sono da tempo per nessuno, ma, nonostante questo il gruppo biancorosso trova sorprendentemente stimoli nuovi per crescere, fino a raggiungere la prima vittoria ad Alessandria e sfiorare nelle ultimissime giornate, con incoraggianti prestazioni e buoni risultati, la salvezza diretta, compromessa soprattutto dai sei punti di penalizzazione inflitti complessivamente dalla Federcalcio per il mancato pagamento degli stipendi ai tesserati.
Nel bel mezzo dei play-out, con utenze chiuse e, poi, riaperte, giusto in tempo per poter regolarmente disputare l’ultimo atto del campionato, la società viene dichiarata fallita mercoledì 27 maggio, in quanto, nonostante qualche piccolo pagamento effettuato a creditori di servizi alberghieri e di ristorazione, non in grado di dimostrare di poter generare utili sufficienti per mantenersi in vita.
Giuseppe Nicosia ed Elisabetta Brugnoni vengono immediatamente nominati curatori fallimentari dal Tribunale che concede, come richiesto dalla Procura, l’esercizio provvisorio per poter disputare l’ultima partita dei play-out.
Ora è lotta contro il tempo per poter concludere l’esercizio provvisorio prima della scadenza dei termini per l’iscrizione ai campionati, prevista per fine giugno. L’unica speranza che hanno i biancorossi di poter mantenere il titolo sportivo, difeso con successo sul campo, è che venga autorizzata all’esercizio provvisorio una delle cordate interessate all’acquisto degli asset. Questa gestirebbe la società nel mese di giugno ed a luglio, se dovesse risultare perdente all’asta, verrebbe rimborsata delle spese sostenute dalla cordata vincitrice.
Era girata la voce di un gruppo interessato all’ingresso, con, tra gli altri, Nicola Colombo, figlio di Felice, presidente del Milan dal 1977 al 1980, insieme al cugino, entrambi facenti capo alla Cogefin di Bellusco, Michele Giambelli, dell’omonima impresa di costruzioni di Vimercate, fondata dal padre Valentino, presidente del Monza dal 1980 al 1999, Pierluigi Brivio, imprenditore multitsking di Arcore, Davide Erba, proprietario della Stonex Europe di Lissone e presidente della Fiammamonza dal 2011 al 2013 e Paolo Leonardo Di Nunno, titolare della Elettronica Video Games di Cormano e presidente del Seregno, ma le ultimissime informazioni non sono per nulla edificanti, a causa di alcune defezioni che avrebbero scoraggiato i promotori, pur entrati in contatto con l’ambiente, anche se in modo molto superficiale. C’è, poi, chi assicura di un’altra cordata lombarda, con alcuni brianzoli tra i partecipanti, interessata all’acquisizione, ma, anche in questo caso, non si ha evidenza di una intenzione precisa.
Insomma i giochi, anche se i tempi sono ristrettissimi, sono tutti da fare. Unica cosa certa, assicurata dai due curatori fallimentari, presenti al Brianteo per assistere alla tripletta più assist del giovane biancorosso Bernasconi (le altre reti per il Monza sono state segnate dal bomber Torri, la prima e dall’altro talentuoso brianzolo Pessina (autore di una doppietta), è che le tre aste previste in Tribunale (potrebbero, però, bastare anche solo una o due, come si augurano i tifosi di casa) avranno luogo entro il 25 giugno, con la prima addirittura intorno al 10.
Enzo Mauri