Domenica 31 maggio, alle ore 17 sarà inaugurata la mostra fotografica tradizionale iniziativa de “Il Dialogo” di Monza. Quest’anno i fotografi, convocati da Enzo Biffi, artista del Gruppo Koinè di Lissone e curatore della mostra, hanno voluto coinvolgere la Cooperativa La Meridiana e Progetto SLAncio. La mostra sarà allestita presso Cascina Costa Bassa e illustrerà un breve testo di Aldo Germani appositamente scritto e dedicato agli anziani.
La Costa Bassa si trova nel Parco di Monza nelle immediate vicinanze dell’entrata di Biassono ed ospita un Centro Diurno Integrato per anziani. Il Centro ne accoglie ogni giorno 40, sia con problemi di solitudine e abbandono, sia con limitazioni all’autonomia personale e problemi legati alla malattia. Il Centro diurno Costa Bassa è gestito dalla Cooperativa la Meridiana, che opera a Monza da quasi 40 anni ed è specializzata nella cura e nell’assistenza degli anziani. Da ultimo, questa cooperativa ha dato vita anche a Progetto SLAncio, la casa che ospita malati di SLA, in stato vegetativo e che necessitano di hospice.
La mostra sarà visitabile dal 31 maggio al 2 giugno. Cascina Costa Bassa è facilmente raggiungibile anche in bicicletta da diverse parti della Brianza.
Saranno esposte fotografie di Tatiana Barone, Giulia Besana, Dario Cogliati, Anna Fossati, Erminia Maniglia, Rita Masala, Giovanna Monguzzi, Giorgia Parravicini, Zoe Salmi, Stefania Sangalli e Dario Zanuso.
All’inaugurazione, oltre ad Enzo Biffi ed Aldo Germani, interverranno Paolo Villa, presidente della Cooperativa La Meridiana e Fabrizio Annaro, direttore de “Il Dialogo”di Monza
Aldo Germani, scrittore esordiente, è di Seregno ed il suo primo volume ‘Le Quattro del mattino’ ha già riscosso un buon successo di critica e di pubblico. Scrive per riviste ed ha collaborato in passato anche con Il Dialogo di Monza, giornale in rete da ottobre 2013, che ha scelto di pubblicare il “positivo in prima pagina” e dare voce alla fragilità e alle belle esperienze di aiuto e sostegno.
Per informazioni è bene contattare Enzo Biffi, indirizzo e-mail: enzo.biffi@solariasrl.com e telefono numero: 335 84 800 35.
Ci piace proporre, a chiusura queste righe, il racconto di Aldo Germani, che ha ispirato i fotografi per la mostra ‘A Passo Lento’.
‘’Non esco quasi mai. Mi servono appoggi che in casa conosco a memoria e che fuori non si fanno trovare, approdi radi e distanti nel mio incauto migrare lontano dal nido. Qui però ho un corrimano lungo tutto il tragitto e l’anello lo completo da solo. A passo lento, senza fretta. La schiena piegata in avanti, sto in equilibrio così, mezzo storto, tirato in basso dalle fitte che mi impediscono di starmene dritto, o anche solo attratto, perché no, dal richiamo che la terra comincia a esercitare, alla mia età. Avanzo piano.
Sondo il terreno cercando l’impronta adatta a ogni passo, talmente adagio che quasi cado, ma ho il mio bastone e mi reggo con quello. Ciondolo smilzo, appeso con poco a questa linea disegnata nel parco, ma non mi va di tornare dentro con gli altri, seduto al mio posto, le braccia conserte in una posa spenta, a pensare da fermo. E poi rimugino meglio quando cammino. Cerco tra i piedi le tracce dei giorni che ho perso, frugando tra i ricordi strappati alla nebbia in cui affondano i nomi di un sacco di cose. Così gioco coi volti e i dettagli rimasti, quelli lontani più nitidi di ciò che invece è appena accaduto. E non forzo la mano: lascio che affiorino a caso, grato del quieto disordine in cui si presentano, sovrapposti e muti. Il seno di Lina, la sirena che ci mandava nei campi per fuggire alle bombe, un ramo greve di susine mature, il pitale nel comodino, la vernice passata d’estate sul cancello di casa. E penso a quanto ho camminato, per coprire distanze inadatte a piedi stanchi, senza altro modo di spostarsi, allora, che non fosse a piedi, in corriera, e ancora a piedi: passi piccoli e veloci, polvere di strade sterrate, fossati al limitare dei campi. Lunghi tratti da solo, la scuola lontana e quel professore che non apprezzava: torna al paese, tu non devi studiare.
Ho continuato, invece. Ho inseguito, passeggiato, scalato, ho marciato soldato. E ho corso, molto. Come i bolidi che sfrecciano sulla pista qui accanto mentre io giro piano. Stridono, a così stretto contatto, il mio recinto calmo e il loro circuito veloce, ma ciò che conta è che io sono qui che mi muovo di nuovo, cocciuto e stanco, col poco che manca al traguardo che fa meno paura dell’infinito appostato subito dopo. Ancora una curva e chiudo il giro. Procedo a strappi, come una biglia nella sabbia, le prime dune superate bene e un ostacolo da niente che basta a fermarmi. Arranco sempre in quest’ultimo tratto in salita e mi fermo a metà, una sosta per recuperare le forze con la scusa di notare qualcosa che fino a ieri non c’era. Ce la faccio, non temete: è solo fatica. Ho smesso di maledirla, ma la tollero appena: prevedibile e assidua come una compagna fedele, mi toglie l’aria più della maschera che porto allo specchio.
Non è una gran cosa abitare una riserva di volti sciupati e fare i conti con il sollievo di chi sopravvive agli estinti e il disagio di non averne alcun merito. Dove sei adesso, Lina? Tra il niente e tutti i posti in cui ti ricordo. Avevi giurato che non l’avresti fatto, ma poi te ne sei andata davvero. Stringo forte il bastone fino a sentire che fa male, calco gli ultimi passi e mi aggrappo feroce al braccio offerto da chi prova a non farmi sentire così solo. Tutto bene? mi chiede. Alzo gli occhi su quel viso gentile, lascio che si perda un poco nei miei e annuisco deciso. Sono qui ancora, hai una notizia migliore di questa?’’
Enzo Mauri