L’oratorio di Santo Stefano, nella località brianzola di Lentate sul Seveso, è presente sul territorio dal 1369.
Fortemente voluto e commissionato dal Conte Stefano Porro, personaggio molto potente, altrettanto noto e importante, egli fu niente di meno che l’uomo di fiducia dei fratelli Gian Galeazzo e Bernabò Visconti, celebri Signori di Milano.
Il Conte Porro fu ambasciatore di questi ultimi presso la corte dell’Imperatore Carlo IV di Boemia, svolgendo mansioni diplomatiche per conto dei Visconti.
I motivi che spinsero il nobile all’edificazione della Cappella sono probabilmente due: il primo è che Stefano Porro voleva avere un posto privilegiato di preghiera, secondo la moda del tempo di possedere un luogo di culto privato. Il secondo motivo, invece, è che lo stesso sentiva l’esigenza di riconciliarsi con Dio per un atto compiuto da membri del suo casato, dal sangue del suo sangue, anni prima.
Nel 1252, infatti, due suoi antenati, Pietro ed Alberto Porro, pianificarono insieme al capo degli eretici della zona, un certo Confalonieri di Agliate, l’omicidio di un tal Pietro da Verona, uno dei tanti inquisitori inviati dal Papa per arginare il fenomeno eretico.
Fede, desiderio di redenzione, l’importanza di creare un luogo sacro che possa sempre ricordare la grandezza di un uomo potente che vuole imprimere la sua impronta sul suolo della Brianza: queste le motivazione che spinsero il Conte Porro ad edificare l’Oratorio di Lentate sul Seveso.
L’edificio rispetta la tipica pianta di una cappella gentilizia, come la famosissima Cappella degli Scrovegni a Padova del 1300: un’unica navata con presbiterio.
Solitamente, inoltre, queste cappelle gentilizie non sorgevano isolate ma sempre annesse al palazzo del Signore e Lentate non fa eccezione, alcuni indizi, infatti, fanno presumere che vicino all’Oratorio ci fosse il castello o la casa fortificata di Stefano Porro.
Quando si possiede così tanto potere, ma soprattutto una notorietà così elevata come quella raggiunta da Stefano Porro nel corso della sua vita, come si può accettare il fatto che la morte si porti via tutto?
Da qui nasce il desiderio di preservare il proprio prestigio anche dopo la morte, per lasciare ai posteri, nei secoli avvenire, un’impronta indelebile del proprio passaggio, una celebrazione imperitura della fama maturata in vita e che continua a preservarsi anche dopo la morte.
Fu questo l’obiettivo che spinse il Conte Porro a insistere tenacemente per la creazione del luogo sacro e commemorativo.
L’Oratorio di Santo Stefano è interamente affrescato: tra i più celebri vi è la “Crocifissione”, ricca di immagini di cavalieri coevi più al Porro che non all’epoca del Cristo, opera del pittore Anovelo Da Imbonate, allievo di un maestro d’arte che, a sua volta, fu discepolo di Giotto.
Sull’arco trionfale è raffigurato l’altro raffinato affresco della Cappella: un grandioso “Giudizio Universale”, opera, così come tutti gli altri affreschi, di un gruppo di pittori chiamati per convenzione “Maestri di Lentate”.
Inoltre, lungo le pareti laterali prende vita il ciclo di affreschi dedicato al Santo Protomartire, cioè il primo cristiano ad aver dato la vita per testimoniare la propria fede in Cristo, articolato in 43 riquadri che si leggono da sinistra a destra, procedendo dall’alto verso il basso e rivolgendo le spalle all’altare.
Infine, sulla destra dell’abside, ecco apparire la “Donazione”, l’affresco che più di tutti è impregnato delle reali intenzioni che spinsero il Conte Porro a finanziare l’edificazione del luogo sacro.
L’affresco, infatti, rappresenta la donazione della Cappella da parte del Conte a S.Stefano: Stefano Porro viene ritratto inginocchiato, nell’atto di offrire al Santo la chiesa (che tiene simbolicamente tra le mani sottoforma di modellino) insieme a tutta la sua famiglia; la moglie Caterina Figini, i figli Galeazzo, Antonio, Giovanni e le tre figlie delle quali, però, non ci sono pervenuti i nomi.
La scena affrescata, così come l’intero Oratorio di Lentate, è molto più di una donazione, è molto più di un tributo devoto di un fedele al Santo; è un vero e proprio patto tra l’uomo e il divino, la promessa che la morte priverà Stefano Porro della sua presenza sulla terra, ma lascerà inscalfiti il suo potere e la sua fama.
Uno scambio di sgardi, quello rappresentato nella “Donazione” tra Santo Stefano e il Conte Porro, che cela una silenziosa e reciproca promessa tra mondo terreno e ultraterreno.
Francesca Motta