“Il Monza 1912 comunica che la sig.ra Marinella Farina ha dato le dimissioni da Segretaria Sportiva del Club Biancorosso. La signora Farina lascia la Società dopo quasi 32 anni di servizio e per questo il Presidente Nicola Colombo, lo staff dirigenziale, la prima squadra e tutto il Settore Giovanile le mandano un sentito ringraziamento per il prezioso lavoro svolto e le augurano le migliori fortune per il prosieguo della sua carriera lavorativa.”
Poco meno di cinque righe scarne, diciamo pure brutte e gelide, per chiudere una lunga e bella storia. Cinque righe che lasciano in bocca un sapore amaro perché siamo certi che un pezzo del vecchio cuore biancorosso che se ne va definitivamente a quel paese, tra mille ricordi e fotografie di un passato che non torna.
Marinella Farina ha mollato il colpo dopo averne viste e passate tante in quell’ufficio di segreteria, prima in via Manzoni e poi in via Ragazzi del ’99. Ha sorriso e soprattutto pianto per il “suo” Monza. Negli anni più bui si è dovuta rimboccare le maniche, lei semplice segretaria, andando di persona in Lega calcio a cercare una via d’uscita per non soccombere.
Una donna forte, coraggiosa, di gran piglio, seria professionista con una grande esperienza accumulata in anni mai facili di duro lavoro. Marinella ha dato il cuore al Monza, alla società, qualunque fosse la proprietà. Sentiremo – sentiranno – tanto la sua mancanza, perché lei era ormai la sola memoria storica rimasta in società. Per oltre un trentennio tutti i documenti che contano sono passati per le sue mani, dalle lettere riservate, ai contratti, alle fideiussioni per mantenere in piedi la baracca.
Personalmente, con Marinella ho ricordi davvero belli degli anni vissuti allo stadio e Calcio Monza, prima come corrispondente per varie testate, tra cui le pagine sportive de “il Giornale”, e poi come addetto stampa della società tra il 1999 e il 2001. Marinella per tutti noi giornalisti, per gli addetti ai lavori e i tifosi è stata, insomma, il vero punto di riferimento del vecchio Monza. Vedremo adesso chi ne prenderà il posto, nella certezza che non sarà affatto facile sostituirla, men che meno a stagione in corso. Anche per questo sono dimissioni che ben poco ci piacciono.
La storia di Marinella ce la racconta bene un capitolo del blog 100×100 Monza dell’amico Gianni Santoro, un altro che merita tanto di cappello per la sua passione biancorossa e per la capacità di mettere insieme il racconto di una vicenda sportiva unica come quella della società brianzola, più volte finita all’inferno in questi disgraziati Anni 2000, tanto da non potersi permettere di festeggiare con un bel libro il centenario nel 2012. Meno male che il blog di Gianni ci da comunque modo di rivivere il passato glorioso di questo Monza.
Sotto riportiamo integralmente il racconto-intervista ripresi dal blog. Un ricordo più che meritato, con un “grazie” grande come tutto il Brianteo per la brava Marinella.
Carlo Gaeta
Il provino per l’assunzione glielo fece Alessandro De Lazzari, scomparso nel 2009 dopo quarant’anni di onorato servizio presso il Calcio Monza in qualità di segretario del settore giovanile e accompagnatore ufficiale della prima squadra. Andò tutto bene e Marinella, poco più che ventenne, iniziò così a lavorare a pieno regime nella segreteria della sede, in via Manzoni. “Era il gennaio del 1985, mi misero a una scrivania con vicino un telefono e le Pagine Gialle. C’era stata una nevicata formidabile e bisognava contattare al più presto un’impresa per lo sgombero della coltre bianca dal terreno dello stadio Sada. De Lazzari mi ha davvero insegnato molto a livello pratico, soprattutto nei primi anni quando il sistema informativo era basico e ancora lontano delle moderne tecnologie. Tra l’altro, non mi rendevo quasi conto di essere stata assunta da una società di calcio: fino a quel momento, infatti, ignoravo che a Monza esistesse anche una squadra…”
Un paio d’anni dopo, nel ruolo di direttore generale, arriva Beppe Marotta, è ancora molto giovane ma ha una capacità imprenditoriale già molto sviluppata:“Marotta mi ha incanalato verso una perfetta gestione organizzativa – confida Marinella – , grazie a lui ho integrato molte conoscenze oltre a quelle che avevo acquisito nel primo periodo di lavoro. Beppe aveva già allora spiccate doti manageriali, conosceva bene varie competenze, dagli aspetti grafici ai diritti Siae, passando per la gestione del magazzino fino ai compiti più qualificati. Insomma, possedeva una marcia in più e certo non mi sorprende che oggi sia il direttore generale della Juventus”.
Marinella acquisisce sempre più esperienza e diventa una figura di riferimento pressoché insostituibile. La società trasferisce il suo quartier generale a Monzello e lei si occupa praticamente di tutto: carte federali, tesseramenti e stipendi. Certo non è da sola, a sbrigare le varie pratiche giornaliere, ma più il tempo passa e più la sua “centralità” assume una valenza organizzativa fondamentale. Una delle mansioni più impegnative riguarda l’organizzazione delle trasferte, sia per la prima squadra che per le formazioni giovanili. Un lavoro estremamente capillare, che nasce per prima cosa dal confronto con altre figure della società: il direttore generale e quello sportivo, il team manager e l’allenatore. Senza mai dimenticare una componente che viaggia in parallelo alle varie esigenze e necessità: la superstizione. “Anche la scelta di un albergo piuttosto che un altro può essere influenzata da questi fattori. Capita così che una struttura con i migliori comfort venga accantonata in favore di una meno accogliente e logisticamente più scomoda, in base ai corsi e ricorsi.”
Per 14 anni, il datore di lavoro di Marinella Farina è stato Valentino Giambelli: “Con lui mi sentivo come un calciatore– racconta la segretaria con un sorriso –, alla fine di ogni stagione sportiva non sapevo se sarei stata confermata o meno”.
Poi, nell’estate del 1999, arriva il tempo di Piero Fazzolari:”Conservo di lui un ottimo ricordo, è stato un presidente essenziale, pratico e corretto, una persona di stile che ha sempre dimostrato molta fiducia nei suoi dipendenti. Si è arreso dopo un solo anno, non facendo mai trapelare il suo repentino calo di entusiasmo”. Gli anni difficili sono solo all’inizio. Fazzolari abdica in favore del duo Belcolle-D’Evant e la situazione prende una piega sempre più tragica, anche se lo stato di calma apparente non lascia filtrare il benché minimo sospetto che tutto stia andando a rotoli. “D’Evant divenne amministratore unico della società dopo che Belcolle se n’era andato – ricorda Marinella -, poi è arrivato Atzeni in affiancamento, con alle spalle un fantomatico gruppo inglese, ed è stato il buio…”
Lo spettro del fallimento si materializza così, il 18 marzo del 2004, nella sua estrema crudezza. Marinella Farina, quasi senza accorgersene, resta isolata al Monzello insieme a De Lazzari ed Ernesto Peroncini. “Un giorno chiamai Macalli, il presidente della Lega di Serie C, e gli chiesi un appuntamento affinché potessi spiegare cosa stava accadendo in società e avere, se possibile, qualche consiglio. Macalli acconsentì: andai nel suo studio di Milano, accompagnata dall’allora direttore sportivo Bonato, per il quale fu anche l’ultima missione prima di lasciare la carica.”
È il periodo più triste, nella storia centenaria del Calcio Monza. Marinella lo vive con estrema dignità, calandosi addirittura in ruoli che non sono suoi, facendo di necessità virtù. “La squadra aveva ottenuto la possibilità di allenarsi al campo sportivo di Usmate, io ero sempre lì a controllare che tutto andasse per il meglio. Ognuno dei giocatori si portava a casa la roba sporca e se la lavava.”
A Marinella luccicano gli occhi, nel ricordare e rivivere quei momenti così intensamente drammatici e difficili.“Una volta al mese arrivava l’ispettore di Lega per pagare ai giocatori gli stipendi, garantiti come da prassi da una fidejussione. Noi tiravamo avanti grazie ai pochi soldi raccolti dai Summer Camp, ma la situazione andava sempre più peggiorando. Un addetto dell’Agam si presentava in sede due-tre volte la settimana per dirci che doveva chiudere i contatori. Per un po’ siamo riusciti a prendere tempo, ma poi non c’è stato più nulla da fare. Ci lasciarono solo la luce e l’acqua fredda…”
Anche lo stadio Brianteo è “off-limits” e la squadra si trova costretta a giocare due partite casalinghe a Sesto San Giovanni. Lentamente, però, torna uno squarcio di sereno. Il Monza può portare a termine il proprio campionato di C-2 mantenendo per il futuro il titolo sportivo e scongiurando così il rischio di ripartire dai dilettanti.
Giambattista Begnini rileva la società all’asta e inizia una nuova, anche se breve, avventura. “Lo spirito imprenditoriale del presidente bergamasco –rivela Marinella -, era improntato sui canoni dell’impresa a carattere familiare. Avvertivo un certo distacco da parte sua, oltre alla sensazione che si aspettasse da noi un continuo senso di riconoscenza per averci tolto dai guai.”
Dopo Begnini, ci sono stati anni davvero bui, culminati con un nuovo fallimento a causa di personaggi che definire “loschi” è già un eufemismo. Adesso, grazie all’avvento di Nicola Colombo, il futuro appare finalmente più nitido. “Se mi guardo alle spalle – confessa Marinella al termine della nostra chiacchierata – quasi non mi rendo conto di come sia stata capace di gestire, soprattutto a livello emotivo, le tante situazioni di estrema criticità. Se guardo avanti capisco che ogni ostacolo, anche il più difficile, può essere superato.”
(dal blog 100×100 Monza di Gianni Santoro)