Continua il decremento del numero dei nati in Regione Lombardia, 6.241 in meno nel 2014 rispetto al 2005, con un saldo naturale che passa da +6.895 nel 2005 a -4.222 nel 2014. In questi ultimi tempi, un gruppo di lavoro dell’Istituto Mario Negri di Milano e della Regione Lombardia, coordinato da Maurizio Bonati, responsabile del Dipartimento di Salute Pubblica, ha elaborato uno studio da cui emerge che in Lombardia nel 2014 le nascite sono state 85708, per il 99% in strutture pubbliche. Lo stesso studio ha messo in risalto che gli ospedali dell’enclave brianzolo di Carate, Vimercate, Monza hanno il minor numero di nascite da parto cesareo. La media dei parti “chirurgici”, a fronte di una media italiana del 36% e in Lombarda del 27%, per questi tre ospedali della Brianza oscilla fra il 15 e il 18% .
Nel 2014, l’83,8% dei parti è avvenuto in ospedali pubblici, il 16,2% nelle strutture accreditate e solo lo 0,1% nelle cliniche private. Il 72,4% dei parti si svolge in strutture dove avvengono almeno 1.000 parti l’anno, in 39 ospedali che rappresentano il 54,9% dei punti nascita totali lombardi. Rimane ancora lo “zoccolo duro”, difeso dai Comuni ma anche dalle gestanti, dei punti nascita al di sotto della soglia dei 500 parti annui, ritenuti non sicuri dove nel 2014 avveniva il 4,1% delle nascite. Il 27,6% dei parti (22.690) avviene in 47 punti nascita con meno di 1.000 parti/anno senza la presenza di Unità Operative di Terapia Intensiva Neonatale.
La procreazione medicalmente assistita è effettuata in media in 2,85 gravidanze su 100 utilizzando la Fivet (fecondazione in vitro con successivo trasferimento di embrioni nell’utero), nel 34,1% dei casi. Ed ancora il 29,8% delle madri è di cittadinanza non italiana, con gli estremi compresi tra il territorio di Milano Ovest e Cremona con il 46,4 e il 37,2% dei parti. L’età media della puerpera è di 33,6 anni per le italiane e di 30 anni per le straniere. Il livello di scolarità è medio-alto per il 45,2% delle madri italiane; è medio-basso nel 37,8% delle straniere. Le donne con scolarità medio-bassa effettuano la prima visita più avanti nel tempo rispetto alle donne con scolarità più alta. Quanto allo status professionale, il 65,1% delle madri è occupata, il 25% sono casalinghe e l’8,4% sono disoccupate o in cerca di prima occupazione. Tra le straniere, nel 2014 il 56,8% era casalinga, mentre il 79,2% delle madri italiane aveva un’occupazione lavorativa.
Permangono ampie differenze nell’assistenza al parto e negli esiti tra punti nascita per tipologia della struttura e di ubicazione geografica. Lo stesso studio conferma che sono 7 gli ospedali in Lombardia con oltre 2500 nati l’anno. Numeri questi delle nascite in Lombardia che se confrontati con il resto della penisola, dove i parti cesarei negli ospedali sono al 36%, fa dire che la nostra Regione è virtuosa nel limitare l’utilizzo del cesareo e comunque in linea con l’Europa dove la media è del 28%. A ridurre le percentuali dei cesarei, con numeri simili alla virtuosa Finlandia, ci sono i tre ospedali brianzoli.
A fronte di tutto ciò, possiamo dire che la sanità brianzola rimane fra le più apprezzate a livello regionale e anche nazionale. Da anni al primo posto vi è la neonatologia di Carate Brianza, dove su 1750 parti solo il 15% è cesareo, seguita da Vimercate, dove a fronte di oltre 1500 nascite il cesareo è al 18%, e dal S. Gerardo di Monza, dove con oltre 2700 nati i ricorsi al cesareo sono al 20%. Tre punti nascita tra i primi 10 in Italia come minori numero di interventi chirurgici in sale parto. In particolare a Carate da anni c’è tutta una equipe di ginecologi e ostetriche impegnate nel consigliare le donne a far nascere i loro bambini con un parto vaginale.
Anna Locatelli, dirigente del dipartimento materno infantile dell’ospedale di Carate, al riguardo dice: “C’è tutta una attenzione, una formazione dietro questi numeri limitati di cesarei, favorito, fra l’altro dalla relazione di fiducia che intercorre fra la ginecologia e l’ostetricia di questo ospedale e le future mamme. E’ anche il frutto di una mentalità virtuosa delle donne che prediligono il parto vaginale. Una esperienza che non è una esclusiva dell’ambito della Asst di Vimercate, da cui Carate dipende, che può essere fatta propria da altre neonatologie di altri ospedali di altre Asst”.
Pierfranco Redaelli