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L’Abbraccio. Non siamo per la Terra ciò che il virus è per noi

Brianza Acque

L’Abbraccio. Questo il titolo della foto vincitrice del Wildlife Photographer of the Year 2020.

L’Abbraccio. Titolo e raffigurazione più esplicativa per la foto vincitrice del concorso di fotografia naturalistica organizzato dal Natural History Museum di Londra di questo particolare e assolutamente inconsueto 2020, non poteva esserci.

L’Abbraccio. Non siamo per la Terra ciò che il virus è per noi

Nell’anno che ha segnato le nostre esistenze scalfendone le abitudini e i gesti consueti della nostra quotidianità, una foto che cattura l’abbraccio per eccellenza, racchiude in sé l’essenza della vita.

Il fotografo Sergey Gorshkov, vincitore appunto del celebre premio, ha immortalato un magnifico esemplare di tigre siberiana mentre abbraccia letteralmente e fisicamente un albero che si staglia nella foresta russa, suo habitat naturale di nascita.

L’Abbraccio. In questo incredibile e meraviglioso gesto c’è tutto. Ogni cosa che conta davvero. Ogni emozione e fibra sensazionale che muove la terra e che spinge il mondo a girare.

L’Abbraccio. Non siamo per la Terra ciò che il virus è per noi

L’Abbraccio. Quel gesto che sospinge la vita, che la riempie di linfa e che nutre ogni spazio, ogni essere vivente che dalla terra e nella terra trova rifugio e nutrimento.

Nella foto, oserei dire commovente nella sua straziante e illuminante verità, vi è racchiuso il senso della vita.

Il felino più grosso della fauna terrestre avvolge con le sue enormi e regali zampe, l’altrettanto maestoso tronco di una gigantesca pianta.

E dal suo abbraccio, in questo avvolgente slancio striato di nero e arancione, si dipana l’urlo più eclatante e clamoroso della natura. L’appello più straziante dell’esistenza.

L’Abbraccio. Non siamo per la Terra ciò che il virus è per noi

Al di là del rullino del premiato fotografo russo Gorshkov, la bellissima tigre sembra urlare: appartengo a questa terra, a questo suolo, a questa pianta. Non strappatemi alla mia casa. Non estirpate i miei artigli dal tronco di questo albero che, come me, è figlio della natura che mi ha cullato e che mi ha visto venire alla luce.

I muscoli delle zampe anteriori tesi ad avvolgere il legno che batte al passaggio vitale e selvaggio della linfa. Il muso abbandonato nella splendida esplosione dei raggi del sole, delicatamente filtrati dalla chioma della pianta. È il ritratto della felicità. Della vita. Dell’esistenza che si bea della sua presenza su questa Terra e che ne è grata.

L’Abbraccio. Quanto sa essere lieve e meravigliosamente generosa la vita che avvolge e che stringe a sé tutte le sue creature. Una di queste creature, tra le più belle e possenti, regali e sinuose, eleganti e uniche, semplicemente unica, è la tigre. Il felino dal manto morbido e vellutato che più di tutti su questa Terra rischia l’estinzione.

È una lotta costante quella della tigre. Una lotta che pare inesauribile, purtroppo, contro lo sterminio crudele e indecoroso della propria specie. Una lotta contro i disumani bracconieri che uccidono per il gusto ripugnante di farlo. Una lotta contro la devastazione della propria terra. Della propria natura. Contro la perdita della propria casa.

L’animale che più di tutti avrebbe motivo di piangere lacrime amare, dimostra invece qui, in questa bellissima foto, di aver compreso tutto il senso di questa, talvolta assurda, vita.

L’Abbraccio. Non siamo per la Terra ciò che il virus è per noi

La tigre abbraccia l’albero che affonda le radici in quel terreno che è la madre di tutte le sue creature. Una madre comune, universale, della quale lo splendido felino percepisce tutto il legame.

Gli occhi socchiusi ad assaporare la magnificenza e la gratitudine di un momento che potrebbe essere anche l’ultimo. L’ultimo minuto speso ad assaggiare il sole luminoso e scottante. L’ultimo minuto passato sul suolo selvaggio della natura libera e incontrastata. L’ultimo abbraccio a un essere vivente che è parte del suo stesso mondo.

Non lasciare che le mie zampe si aggrappino alle sbarre di metallo di una gabbia. Non uccidermi per la mia pelliccia. Non per i miei denti affilati. Non trasformarmi in un tuo trofeo. Guardami nelle foto, nei documentari che mi vedono correre spensierata e libera nella mia giungla, e non al di là del vetro di una recinzione da zoo.

Permettimi di vivere dell’indole indomita con la quale sono stata creata. Fammi nascere all’ombra degli alberi e non in cattività. Lasciami libera di cacciare come il felino predatore che sono. E sempre libera, selvaggia e indomata, lasciami spendere i miei ultimi preziosi giorni.

Queste le parole che, persa nell’abbraccio della natura, la tigre sembra affidare al cielo tiepido riscaldato dal sole.

L’Abbraccio. Non siamo per la Terra ciò che il virus è per noi

L’Abbraccio di Sergey Gorshkov è un messaggio per l’intera umanità. Il sigillo di una preghiera impresso nella pellicola di una macchina fotografica.

Non siamo per la Terra ciò che il virus è oggi per noi. Non allontaniamo. Non spezziamo questo abbraccio.

Francesca Motta

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