Per parlare di acque del nostro territorio, niente è meglio che rivolgersi all’enorme lavoro di documentazione del professor Pompeo Casati, nato a Monza e monzese da sempre, una autorità a livello accademico nel campo delle risorse idriche.
Il professor Pompeo Casati è un geologo che è stato docente all’università degli Studi di Milano. Non appena laureato è assistente del famoso professor Ardito Desio, in seguito viene nominato di ruolo e insegna geografia fisica al Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Milano.
Ha condotto innumerevoli ricerche geologiche su tutto il Nord Italia, occupandosi anche delle acque superficiali e sotterranee di Milano, ma soprattutto del territorio monzese, con particolare attenzione alla qualità dei corsi d’acqua e delle falde.
Su Monza, la sua opera principale è il libro L’acqua nel territorio di Monza. Passato, presente e futuro, in cui analizza tutte le problematiche delle acque superficiali e sotterranee del territorio monzese; nel libro vengono descritte anche le precipitazioni meteoriche negli ultimi settant’anni, suddivise per medie annuali, mensili, anche con l’aiuto di altri ricercatori come il professor Francesco Pace. Nel libro viene presa in considerazione anche tutta la rete idrografica naturale e artificiale con le sue variazioni nel tempo, quindi non solo il fiume Lambro (che ne costituisce comunque l’argomento principale), ma anche tutte le rogge che erano presenti negli ultimi cinquant’anni e che ora sono completamente scomparse o quasi: vengono studiati tutti gli afflussi e deflussi, il bilancio idrografico e vengono ricordate anche tutte le esondazioni principali nel secolo scorso.
Oltre a temi ambientali fondamentali che svilupperemo in altri articoli, nel suo libro il professor Casati individua e sollecita anche la possibile riattivazione di alcune rogge nel parco. È ovvio che essendo in gran parte scomparse nella zona cittadina non è più possibile ripristinare le rogge fuori dal parco, ma nel parco è possibile riattivarle alimentate dai fontanili o ripristinarle con immissione dell’acqua del fiume stesso.
È il caso della Roggia Pelucca: essa, come noto, traeva origini da fontanili le cui teste sono state ora tombinate e si trovano attualmente nelle aree in concessione al Golf Club Milano. La roggia passava vicino al ristorante Saint George Premier e il suo alveo è ancora molto visibile: segue inizialmente il bordo del Terrazzo del Lambro e successivamente, a valle del viale Cavriga, si congiunge allo scarico del laghetto di Valle del Sospiri; alle teste del fontanile sono ancora visibili le tracce dei tini, che sono i tubi di ceppo usati per la captazione. Per poter riattivare la Roggia Pelucca occorrerebbe utilizzare un tratto dell’alveo tuttora conservato; inoltre l’immissione di acqua nel Lambro dal Fontanile della Pelucca comporterebbe un notevole abbassamento degli inquinanti del fiume per diluizione, in quanto l’acqua della roggia Pelucca è chiaramente pura o quasi totalmente priva di inquinanti. Quindi per valore storico, ambientale e culturale, si dovrebbe e potrebbe ripristinare la roggia, magari con l’aiuto di imprese del territorio e magari partendo dall’area del suo fontanile tombinato dal Golf club Milano.
Il che non vuol dire togliere la concessione al golf, solo che nel nuovo accordo al Golf si dovrebbero lasciare 18 buche, che sono presenti in tutti i golf internazionali, mentre le nove buche rimanenti, che sono usate solo per allenamento, dovrebbero essere restituite al territorio e alla sua memoria, perché è proprio in quelle nove buche che si trova il fontanile della roggia Pelucca.
Questo quindi sarebbe il giusto compromesso, un modo per unire le utilità di tutti e ridotare il territorio di un sua memoria identitaria. Un accordo win win: il golf continuerebbe le sue attività e alla comunità verrebbe restituita una parte importante del Parco per i suoi valori paesaggistici, ambientali, storico e culturali.
Su può fare.
Matteo Stucchi