Per chi sia alla ricerca di soluzioni alternative sulle quali investire, una delle possibili opzioni può essere rappresentata dal vino. Naturalmente non nel commercio delle bottiglie che sono esposte sui banconi di enoteche o supermercati, bensì in quelle da collezione.
Si tratta in sostanza di bottiglie molto ambite sin dal primo momento che arrivano sul mercato e per trattare le quali servono requisiti ben precisi. A partire dalla possibilità di investire nel vino cifre cospicue, anche nell’ordine di svariate migliaia di euro, e di conoscere nel dettaglio il settore, per non incappare in clamorosi infortuni. La domanda da porsi, quindi, è la seguente: quali sono i vini su cui investire?
Barolo Docg Rocche dell’Annunziata 2011 di Roberto Voerzio
Il Barolo, insieme al Brunello di Montalcino, rappresenta il simbolo dell’enologia italiana nel mondo ormai da decenni. Tra le aziende che si sono segnalate per la sua produzione, occorre ricordare senz’altro quella di Roberto Voerzio, operante dal 1986 e ormai tra le più apprezzate a livello globale.
In particolare l’azienda si è segnalata per il Rocche dell’Annunziata, un Barolo di Langa che nella versione magnum del 2011 può arrivare a costare non meno di 500 euro e il quale, a detta degli esperti, può triplicare il suo valore nel giro di pochi anni.
Amarone della Valpolicella Doc Monte Lodoletta 2008 di Romano Dal Forno
Se non ha ancora la rinomanza mondiale del Barolo, l’Amarone è un vino che sta rapidamente colmando il gap con l’illustre concorrente. Amato soprattutto in Giappone, nella versione offerta da Romano Dal Forno assume la statura di una vera e propria opera d’arte alla quale contribuiscono un procedimento che prevede dopo la vendemmia, l’appassimento dei grappoli di uva, che saranno pigiati solo verso la metà di dicembre.
Una volta terminata la fermentazione, l’invecchiamento procede per 36 mesi in barrique nuove, per poi essere completato con un biennio di riposo in bottiglia. Una magnum del 2008 presuppone un investimento superiore ai 700 euro.
Brunello di Montalcino 2006 Biondi Santi
Se nel caso del Brunello di Montalcino l’annata per eccellenza è considerata il 1997, non sono pochi coloro che preferiscono puntare sul 2006. Soprattutto se a produrlo è l’azienda Biondi Santi, considerata una vera e propria icona del settore. A renderla tale il fatto che essa si mette all’opera solo per le annate ritenute sufficientemente buone, al fine di non dare vita a vini di qualità non adeguata.
Una volta che ne sia accertata la potenzialità, scatta un processo che prevede la maturazione di 36 mesi in grandi botti di rovere di Slavonia, che rimane immutabile da oltre un secolo a questa parte. Anche in questo caso la quotazione può arrivare a diverse centinaia di euro per bottiglia, con prospettive di rivalutazione rapportate all’esborso.