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Intelligenza artificiale, il futuro e qui


Di intelligenza artificiale se ne parla e se ne continuerà a parlare anche negli anni prossimi, e per nostra fortuna, non si smetterà mai di farlo.

Questo perché man mano che passa il tempo si è sempre più convinti, e i fatti lo attestano, che possa notevolmente migliorare le nostre vite. Anche se non è mai del tutto scongiurato il timore che possa avere delle conseguenze negative, la consapevolezza che siamo alle porte dell’ennesima “svolta epocale” (internet ci ha abituati a questo e non è affatto una novità) è sempre più diffusa.

Nonostante tutto, ci sono degli esperti pronti ad affermare che anche gli argomenti e l’entusiasmo che ne deriva riguardante l’intelligenza artificiale sia, tuttavia, destinato ad esaurirsi a breve. La stessa sorte è capitata a tecnologie che oggi consideriamo indispensabili e  imprescindibili delle nostre vite, come ad esempio i gps, internet, o ancor prima la stessa energia elettrica (che mio nonno, essendo brianzolo, chiamava UROBIA).

Dunque, nel futuro prossimo si sentirà sempre più parlare di intelligenza artificiale, e io credo che, non solo potrà sostituire l’uomo nei lavori cosiddetti fisici (e anche qui la robotica ci ha abituato a performances eccezionali) ma anche quelli intellettuali. La pianificazione dei processi nelle attività, la gestione delle prenotazioni, le richieste di intervento. In realtà un primo esempio di primordiale intelligenza artificiale lo si potrebbe trovare nei vecchi centralini telefonici intelligenti (vi ricordate? digita 1se…, digita 2 se…).

Comunque sia, gli esperti non osano esprimersi completamente sull’argomento.  Rimangono idee contraddittorie su questo fatto, ma sembrerebbe che siano già state gettate le basi per far sì che, da un punto di vista prettamente sociale, l’intelligenza artificiale possa garantire un benessere a lunga durata per chiunque, a prescindere dalla propria condizione economica e dal proprio stile di vita. Non mancheranno app gratuite scaricabili da Play Store. Esperimenti in corso lasciano presagire che in un futuro prossimo, molto vicino (anche se si parla comunque di anni…), si possano raggiungere dei risultati straordinari.

Non dimentichiamoci però che, come tutte le iniziative di una certa rilevanza, anche per l’intelligenza artificiale entra in gioco una componente politica da non sottovalutare. Basti pensare alle due enormi potenze mondiali, gli USA e la Cina, che si stanno muovendo per fare di questo elemento un loro punto di forza. Dopo che i primi hanno reso difficile l’esportazione verso paesi asiatici ci alcune tecnologie proprietarie, dall’altra parte del mondo alcune realtà stanno cercando di affinare processi individuali per essere indipendenti e poter creare dei prodotti all’avanguardia. Una di queste è l’azienda Huawei che sta sviluppando un nuovo microprocessore che possa lavorare senza l’utilizzo di componenti provenienti dagli stessi Stati Uniti d’America. È logico pensare che una collaborazione tra le due superpotenze (dove ahimè l’Europa sta alla finestra) avrebbe portato indubbiamente a una riduzione dei tempi di sviluppo.

La stessa Google si è trovata ad affrontare relative controversie per avere preso accordi con la Cina riguardo delle operazioni che vedevano il colosso di ricerca utilizzare delle tecnologie cinesi, mentre i propri dipendenti hanno dichiarato di doversi tirare indietro qualora i servizi offerti dall’azienda contribuissero ad alimentare la potenza militare del loro paese. Tutto questo trambusto ha portato indubbiamente a dei rallentamenti riguardo l’evoluzione dell’intelligenza artificiale, in quanto sono venute meno delle collaborazioni fondamentali per rendere migliore lo sviluppo tecnologico della stessa. Questi rallentamenti sono stati dettati anche dalla mancanza (come spesso accade nelle situazioni in cui due galli condividono lo stesso pollaio) di spirito collaborativo. Come se non bastasse a creare non pochi problemi all’evoluzione e allo sviluppo dell’intelligenza artificiale c’è il cosiddetto Black Box Problem, ovvero il fenomeno per il quale non si ha, e non si potrà mai avere a quanto pare, l’assoluta certezza dell’utilizzo dei dati inseriti e processati.

Giorgio Maggioni

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