In primo piano gli Alabardieri del Duomo di Monza mentre interviene Monsignor Silvano Provasi, arciprete di Monza, con al fianco Franco Gaiani e il capo alabardiere sergente Giorgio Villa
C’è a Monza una storia unica che andava riproposta e raccontata con dovizia di particolari, anche inediti. Un racconto che si perde in parte nella leggenda e, muovendosi tra il sacro e il profano, si riporta a quasi 300 anni fa. E’ l’enigmatica vicenda degli Alabardieri del Duomo, un drappello di dodici uomini armati appunto di alabarda, capitanati da un sergente, con il preciso compito di scortare la Corona Ferrea, in particolare durante le pubbliche funzioni come la processione del Santo Chiodo. E’ l’unica guardia armata esistente al mondo istituita a protezione di un singolo oggetto. Ma vista l’importanza assoluta dell’ “oggetto” in questione c’è ben poco da meravigliarsi se ai primi del ‘700 venne dato il la al corpo, proprio nel momento in cui la reliquia della Corona veniva restituita al culto dopo un paio di secoli d’oblìo (1717).
La storia degli Alabardieri del Duomo di Monza, dopo una meticolosa ricerca e un’attenta analisi dei documenti da parte dello storico prof. Roberto Cassanelli, viene oggi proposta in un’autorevole e bella pubblicazione edita dalla Fondazione Gaiani, la stessa che dieci anni fa ha dato vita al Museo della basilica, vera e propria “chicca” nel cuore antico della città di Teodolinda.
La copertina del libro pubblicato dalla Fondazione Gaiani e reperibile presso il Museo del Duomo
Pure in città gli Alabardieri sono, infondo, ben poco conosciuti, salvo rendersi conto della loro quasi folcloristica presenza in alcune funzioni liturgiche. Più di qualcuno pensava fossero in qualche modo nati ai tempi della famosa regina longobarda. Troppo presto, a dire il vero. Guardando l’iconogfrafia e la divisa assomigliavano più a moschettieri, meglio ancora a soldati trasformati in una sorta di gendarmeria della basilica. Con più di qualche assonanza alle Guardie Svizzere Pontificie volute da Papa Giulio II. Eppure ben distinti come unico corpo armato presente nella chiesa cristiana. Insomma, Roma e poi Monza. Che dire? Una bel vanto per il capoluogo brianteo; un’eccezionalità che pure si stava perdendo, se ormai più di una trentina d’anni fa l’Arciprete Monsignor Dino Gariboldi non avesse fatto rinascere la compagnia ridotta ai minimi termini.
Il volume risponde a molte domande e fa luce su tanti misteri, anche se più di qualche elemento rimane ancora avvolto nella polvere del tempo. In particolare il periodo che va dal 1718, quando il Governatore dello Stato di Milano inviò le proprie guardie personali – gli Alabardieri appunto – per proteggere l’oggetto contenente la reliquia dalla folla festante accorsa per partecipare alla prima processione del Santo Chiodo, ai primi dell’800, quando Napoleone trasformò la Corona Ferrea da reliquia contenente uno dei chiodi con i quali Gesù sarebbe stato crocifisso, in un rinnovato simbolo di potere, per cingere la testa dei Re d’Italia. Già alla metà del Settecento gli Alabardieri milanese scomparvero, mentre quelli monzesi rimasero e tra alterne vicende sono giunti fino a noi. Nel libro troviamo un centinaio di illustrazioni, con alcuni documenti inediti. Colpisce subito la copertina che riproduce l’olio su tela di Pompeo Mariani datato 1884. E proprio l’800 è per il corpo il secolo di maggior fulgore. Non a caso queste guardie vengono spesso ritratte in quadri dell’epoca.
Gli Alabardieri del Duomo di Monza con Papa Francesco nell’aprile dello scorso anno
Gli Alabardieri quindi hanno attraversato tre secoli, dagli Austriaci, a Napoleone, ai Savoia. Delle monarchie alla Repubblica Cisalpina, all’Unità d’Italia all’odierno Stato repubblicano. Un assoluto privilegio per Monza e la sua storia.
“Il patrimonio, che per statuto dobbiamo tutelare e valorizzare con onore e orgoglio, è fatto anche di persone, di donne e di uomini che hanno fatto grande il Duomo di Monza e che si sono contraddistinti nella storia – commenta Franco Gaiani, presidente dell’omonima benemerita Fondazione – Gli Alabardieri sono una nostra unicità. Con questo studio molto completo e dettagliato li abbiamo “restaurati” e restituiti come privilegio unico della città”.
“Mi auguro che questo libro diventi l’inizio di un progetto più articolato che passa anche attraverso un Dizionario del Duomo, a cui stiamo pensando, che vedrà tra le prime parole proprio ‘Alabardieri’. Nel loro nuovo statuto del 2010 abbiamo voluto evidenziare alcune particolarità, laddove siamo di fronte a un gruppo di persone che volontariamente, gratuitamente e con spirito di solidarietà si prendono cura del nostro Duomo, del nostro Sacro; della Corona Ferrea, ma anche della liturgia” ha sottolineato l’arciprete di Monza Monsignor Silvano Provasi, che nella prefazione del libro aggiunge come l’incontro in Vaticano con le Guardie Svizzere e il breve colloquio con Papa Francesco in piazza San Pietro, nell’aprile 2017, sia stato un evento memorabile che di fatto ha significato una consacrazione storica.
“Un libro tutto dedicato a noi Alabardieri non l’abbiamo mai avuto – ricorda Giorgio Villa, capo alabardiere – Non facciamo tanti servizi nel corso dell’anno, ma abbiamo una nostra storia che andava recuperata. Un ringraziamento va a Monsignor Gariboldi, che nel 1982 volle ridare lustro al corpo, e a Giuseppe Fontana che lo scorso anno ha organizzato e promosso il nostro storico viaggio a Roma. Adesso sappiamo esattamente quando siamo nati e perché siamo nati. Sentiamo oggi il supporto di tanti amici, il che ci fa dire che gli Alabardieri del Duomo di Monza andranno avanti anche dopo di noi”.
Titti Giansoldati Gaiani della Fondazione Gaiani in mezzo agli Alabardieri
“Gli Alabardieri del Duomo di Monza sono un mistero e in parte lo sono ancora; infatti non si sa come hanno fatto a radicarsi a Monza – rimarca il prof. Roberto Cassanelli, quasi per non prendersi la responsabilità di aver svelato molti dei tanti punti interrogativi fino ad oggi esistenti sul corpo messo a difesa della Corona Ferrea – Finora c’erano pochissimi testi, a parte qualche mezza pagina a loro dedicata. Monsignor Giuseppe Baraggia si era sforzato di raccogliere qualche informazione. Siamo difronte al caso unico di un corpo militare all’interno di una chiesa, ma il confronto con la Guardia Svizzera regge ben poco. Sotto il governo austriaco ci fu pressione presso Maria Teresa per fa riconoscere in qualche modo la compagnia e lei nel 1763, per decreto, diede loro una divisa, dopo che da Milano erano arrivati a Monza nel 1718. La data reale di fondazione del corpo è il 1807 all’epoca della Repubblica Cisalpina con Eugenio de Beauharnais”.
In tutto questo, nel corso della affollata presentazione della patinata pubblicazione, non si sono dimenticati della vera “alabardiera” del Duomo e del suo splendido Museo. Lei, che con fierezza ma senza in mano alabarda alcuna, al fianco dell’amato consorte, in questi anni ha protetto e dato lustro al tesoro di Monza: Titti Giansoldati Gaiani, a cui si deve, tra l’altro, questo progetto editoriale e alla quale gli stessi Alabardieri, per mano del sergente Villa, hanno voluto significare la loro riconoscenza con tanto di targa.
Carlo Gaeta