27 gennaio. Giornata della Memoria. La giornata per ricordare le vittime della Shoah.
Ma una giornata non basterebbe per ricordare tutti i 6 milioni di vite umane (15 milioni se non si considerano solo gli ebrei) che si sono spente brutalmente durante il micidiale “piano” di epurazione della razza voluto da Hitler e appoggiato da tutti i suoi alleati.
Non basterebbe neppure un anno intero per ricordare e porre rimedio alle atrocità di questo gesto.
Sarebbe necessario riscrivere la storia, tornare indietro nel tempo e, avendo imparato dai nostri terribili errori, far sì che tutto questo non si fosse mai verificato. I campi di concentramento, le deportazioni, le stelle di David impresse sulle “divise” come un marchio della vergogna, le camere a gas, le umiliazioni, le torture, le sofferenze…fisiche e mentali…fare in modo che nulla di tutto ciò faccia più parte della storia e che questi termini osceni non siano mai nemmeno stati formulati.
Purtroppo, però, l’Olocausto, o Shoah per usare il termine ebraico, è una macchia incancellabile sulla storia dell’umanità intera.
Sì, perchè è troppo facile nascondersi dietro l’ombra della colpa nazista e tedesca e dei loro alleati. Dietro la maschera d’odio della malata crudeltà di Hitler. Sarebbe troppo facile e riduttivo giustificare il silenzio da parte di tutte le altre nazioni che hanno girato la testa dall’altra parte facendo finta di nulla. Facendo finta di non vedere. Perchè essere ciechi era decisamente più comodo.
No, sarebbe assolutamente troppo facile non ricordare la sofferenza di un popolo intero che veniva condotto alla morte, allo sterminio, alla cancellazione. Davanti all’indifferenza altrui.
Chissà come si saranno sentite abbandonate quelle persone che, di razza, ne conoscevano una sola: quella umana.
No, non esiste Giornata della Memoria che possa cancellare tutto questo.
Le guerre scoppiano ogni giorno. I libri di storia sono colmi delle date di inzio e di fine di una guerra, di una battaglia, di una vittoria o di una sconfitta, di dati statistici sul numero delle vittime, civili e non. E questo già di per sé è estremamente inquietante. Perchè ci fa capire, ahimè, qual è la vera natura dell’uomo: incapace di accontentarsi, di vivere in armonia con “gli altri”, ma soprattutto di capire che “gli altri” non esistono. Perchè siamo tutti figli della stessa terra della quale occupiamo ogni centimetro. Possiamo parlare lingue diverse, pregare un dio diverso, avere un colore differente della pelle, avere le usanze e le tradizioni più disparate, ma quando muoviamo guerra contro chi definiamo “diverso” o “altro”, facciamo guerra a noi, agli esseri umani. Ed è proprio allora che dimentichiamo chi siamo realmente, che perdiamo la cognizione della nostra vera identità: essere umani ed esserlo universalmente.
E l’Olocausto è la forma più estrema e terrificante di perdita di umanità. Perchè non si è trattato di una guerra, seppur incivile, per la conquista di un territorio all’interno della quale ci sono andate di mezzo, come sempre accade negli scontri di qualsiasi tipo, genere, origine e forma, persone innocenti che una guerra non l’hanno mai neppure invocata.
No, l’Olocausto è, se possibile, ancor più terribile di qualsiasi guerra. Perchè è stata la pianificazione dello sterminio di una popolazione. L’etichettamento di una razza. La definizione di una superiorità alla quale non tutti potevano appartenere.
L’Olocausto è la più grave sconfitta dell’umanità.
Una giornata per ricordare è sicuramente giusta e irrinunciabile, ma non sarà mai sufficiente. Niente e nessuno potrà mai ridare vita e speranza nel genere umano a quei volti che vediamo raffigurati nei testi scolastici, nei documentari. Quegli occhi spenti e quello sguardo vuoto di chi, ormai da tempo, ha vuoto anche il cuore. Il cuore di chi non vedeva confine, né speranza, né salvezza o libertà alcuna, al di là di quel maledetto filo spinato.
La Giornata della Memoria è un monito a non compiere mai più gli stessi terribili errori. A non perdere mai più la nostra umanità. E, soprattutto, a chiedere perdono per quei nostri fratelli umani che abbiamo lasciato soffrire, piangere, gridare aiuto e poi, piano piano, perdere tutto ciò che di umano ricordavano. Perchè non c’è più niente di umano negli occhi di chi osserva senza vergogna e senza dolore persone di ogni genere e età perdere la propria dignità, ogni cosa, finchè non resta loro soltanto la speranza di morire per smettere di soffrire.
Le mura dei campi di concentramento sono ancora lì, custodi di quello che è stato. Simbolo concreto che incita al ricordo…al ricordo di quella macchia incancellabile di cui l’umanità si è fregiata e per la quale non dovrà mai smettere di chiedere perdono.
Francesca Motta