Una mostra del Triennale Design Museum allestita negli spazi del Belvedere della Villa Reale di Monza fino al 7 giugno.
La mostra è promossa dall’Associazione Amici di Doccia e realizzata grazie al contributo di Fondazione Cariplo, di Frette e di Intesa Sanpaolo Private Banking.
“Con questo evento il Triennale Design Museum porta a piena maturazione il suo progetto originario: quello di affiancare agli spazi del Palazzo dell’Arte di Muzio (dove il Museo del Design sperimenta una forma mutante che ogni anno cambia punto di vista e prospettiva) anche uno spazio espositivo – il Belvedere della Villa Reale – che accolga la Collezione Permanente del Design Italiano (che al Museo milanese offre linfa, pezzi, materiali, suggestioni, idee), ma anche un ulteriore piccolo spazio – quello che ora accoglie appunto Gio Ponti – che valorizzi le eccellenze, gli archivi e i giacimenti disseminati nel territorio italiano. Penso e sostengo da sempre che l’Italia è una sorta di grande museo diffuso con una rete unica al mondo di collezioni, giacimenti, musei aziendali, capillarmente distribuiti nel territorio. Compito di un’istituzione come il Triennale Design Museum è quello di dare spazio e occasioni di rappresentazione a questa rete di giacimenti. La scelta di riportare Gio Ponti a Monza grazie agli Amici di Doccia e al Museo Richard-Ginori, chiuso dal maggio 2014, va proprio in questa direzione” afferma Silvana Annicchiarico, direttore del Triennale Design Museum.
La mostra (già allestita al Museo Marino Marini a Firenze nel 2014 grazie a Ente Cassa di Risparmio di Firenze) presenta circa cinquanta opere, tra le meno note, provenienti dalla collezione di ceramiche del Museo di Doccia e una selezione di lettere, per la maggior parte inedite, provenienti dall’archivio della Manifattura di Doccia, con schizzi, disegni e indicazioni di fabbricazione.
Particolare rilievo è dato alla relazione di Gio Ponti e della Richard-Ginori con Monza: il 19 maggio 1923 è la data in cui Ponti espone per la prima volta alla Villa Reale, sede della Biennale Internazionale di Arti decorative (che diventerà l’attuale Triennale) dal 1923 al 1930.
La collaborazione con Richard-Ginori è di fatto l’esordio e il primo grande successo della sua carriera, che lo vede coinvolto non in veste di architetto, ma di direttore artistico.
Di Monza si parla continuamente nel carteggio; gli appuntamenti di Monza scandiscono il lavoro di quegli anni agendo come formidabile motore di rinnovamento; si lavorava alacremente per conquistare i riconoscimenti della giuria, gli elogi dei critici e il sempre auspicato risultato commerciale.
Le lettere rappresentano un nuovo spunto per indagare sul metodo lavorativo di Gio Ponti e sul suo rapporto con la Richard-Ginori, improntato a una costante ricerca di innovazione delle idee e del prodotto, e offrono al contempo l’occasione per riflettere sulla creatività italiana, di cui è stato uno tra i maggiori rappresentanti a livello internazionale. Le opere presentate evidenziano, invece, il legame stretto tra l’idea e il prodotto stesso, affiancando il disegno o lo schizzo originale all’oggetto poi effettivamente realizzato a Doccia. Una passione, quella per il disegno e per la pittura, che aveva portato Ponti spesso a definirsi “un architetto fallito ed un pittore mancato”.
Ponti riusciva a pensare e a realizzare più idee nello stesso momento, lavorando giorno e notte, pensando e disegnando continuamente, ovunque e su ogni cosa avesse a disposizione. In mostra troviamo una varietà di supporti cartacei ad esempio appunti su fogli di taccuino, su cartoline, su carta da lettere intestata Hotel Lotti di Parigi durante il suo soggiorno per l’Esposizione Universale del 1925, lettere dattiloscritte etc. Alcune delle ceramiche esposte non sono entrate in produzione seriale, ad esempio la Mano della fattucchiera, il vaso Le mie donne e la cista con il Trionfo dell’amore e della morte, pezzi rari della preziosa collezione del Museo Richard-Ginori. Una mostra volutamente piccola, che intende anche valorizzare oggetti meno conosciuti, come i portagioie, le due figure di Angeli modellate da Libero Andreotti, oppure gli Elefanti appaiati in porcellana bianca.
I pezzi sono organizzati in sezioni specifiche: dall’idea al prodotto, le committenze speciali, la comunicazione, il ruolo delle mostre e l’importanza dei collaboratori.
Tra gli oggetti esposti, testimonianza delle committenze speciali ricevute da Ponti, spiccano un grande Vaso a potiche in maiolica blu e bronzo dorato, richiestogli dalla Cassa di Risparmio delle Province Lombarde, e un Capriolo fra palme, parte di un importante trionfo da tavola commissionatogli dal Ministero degli Esteri per le Ambasciate d’Italia.
Sulla bomboniera Omaggio agli snob, invece, ironico messaggio di Ponti per il mondo culturale elitario, due figure danzano in abiti della tradizione popolare, esempio della vena più innovativa dell’artista, svincolata dalla classicità che pervade invece altre sue opere.
Dopo la prima guerra mondiale, la Richard Ginori, che con i suoi cinque stabilimenti è ormai una delle principali industrie ceramiche in Europa, vive una delle sue età più gloriose. Il merito principale è del giovane architetto Gio Ponti (1891-1979), che inizia a collaborare con la società nel 1922 e ne diventa il direttore artistico per un decennio, dal 1923 al 1933. Il suo talento immaginifico, la sua passione per l’industria e, al tempo stesso, per l’artigianato più raffinato, la sua capacità di guidare il gusto dei suoi contemporanei interpretandone con ironia le aspettative, ne fanno l’ideale rinnovatore delle ceramiche d’arte Richard Ginori. Il pubblico e la critica lo acclamano sia in Italia che all’estero e nel 1925, all’Esposizione internazionale di arti decorative di Parigi, riceve il gran premio della giuria.
Il carteggio fra Gio Ponti, che lavora a Milano, e la Manifattura di Doccia comprende 230 lettere, per un totale di 426 carte. Sebbene non sia completa, insieme ai disegni, ai cataloghi, alle foto d’epoca e ad altri documenti, conservati nell’archivio del Museo Richard Ginori, questa corrispondenza costituisce una testimonianza impareggiabile per lo studio della produzione pontiana di Doccia e più in generale per la conoscenza dell’artista. Oltre a fornire dati utili per stabilire la cronologia e l’attribuzione delle ceramiche, le lettere autografe offrono un punto di vista ravvicinato sul lavoro dell’architetto milanese e sul suo modo di operare nel contesto industriale e manifatturiero della società Ceramica Richard Ginori.
Sfogliando queste lettere appassionate, emerge chiaramente il suo ruolo di vero e proprio industrial designer, paragonabile solo al lavoro svolto in Germania da Peter Behrens per AEG (Compagnia generale di elettricità di Berlino). Gio Ponti si occupa in prima persona di ogni aspetto della produzione, dal passaggio dalla prima idea, spesso presentata sotto forma di schizzo, al suo sviluppo, determinato di volta in volta dal concorrere di diversi fattori. Realizza nuovi colori come il blu Ponti, in due tonalità, crea confezioni ed etichette per i prezzi, inventa marchi e emblemi identificativi degli oggetti prodotti e dell’intera manifattura, progetta i padiglioni per le esposizioni, discute le cifre con cui gli oggetti devono essere messi in vendita, valutandone la commerciabilità.
Ponti è tra i primi a interessarsi anche dell’aspetto promozionale e di comunicazione, curando la presentazione grafica e fotografica del prodotto, le relazioni con la stampa, grazie anche alla rivista Domus da lui stesso fondata nel 1928, i rapporti con critici influenti – Margherita Sarfatti, Ugo Ojetti, Roberto Papini – e con i clienti più prestigiosi.
Molte di queste missive sono dirette a Luigi Tazzini, suo “braccio destro” a Doccia, direttore artistico della Manifattura toscana. Testimoniano il rapporto di estrema fiducia tra i due, un rapporto non solo professionale ma anche di amicizia e di rispetto. Tazzini dimostra di possedere doti di estrema pazienza, avendo a che fare con un carattere deciso e suscettibile come quello del collega milanese. Si legge anche di come siano coinvolti altri artisti in molti dei progetti di Ponti: gli scultori Libero Andreotti e Italo Griselli, l’architetto Giovanni Muzio, la decoratrice Elena Diana, il pittore di maiolica Vittorio Faggi e altri ancora.
Orari Martedì – Domenica 10.00 – 19.00 Venerdì 10.00 – 22.00 La biglietteria chiude un’ora prima |
A cura di Livia Frescobaldi Malenchini e Oliva Rucellai
Catalogo Corraini Edizioni