Nel vecchio stadio Sada di Monza c’è un cuore grande che batte forte di passione e tiene vivo il mitico impianto tanto caro agli sportivi monzesi: è quello di Gaetano Galbiati, direttore generale della Fiammamonza, associazione sportiva dilettantistica di calcio femminile, ma soprattutto maresciallo ordinario dei carabinieri in riserva con all’attivo 5 missioni di pace e una quarantina fra encomi, riconoscimenti e decorazioni.
Classe 1954, nato a Capua con origini lecchesi, visto il cognome non proprio partenopeo (il bisnonno Ferdinando di Oggiono aveva fatto parte della spedizione garibaldina), il grande Gaetano è conosciuto e benvoluto da tutti a Monza e in Brianza. Un volto noto soprattutto a bordo campo, prima al Sada e poi al Brianteo, dove per anni non si è perso una sola partita del Monza. Dalla tribuna stampa quante volte lo abbiamo visto, con tanto di divisa d’ordinanza, mettersi a poca distanza della panchina biancorossa per poi iniziare a colloquiare con giocatori e tecnico ai quali ha sempre dispensato consigli, qualche volta “incazzandosi” pure quando le cose sul terreno di gioco si mettevano male per i biancorossi.
“Tutte le volte che andavo allo stadio non ero di servizio. – sottolinea fiero il maresciallo, che tra le varie è pure paracadutista della Folgore – Mi prendevo un giorno di riposo, ma indossavo comunque l’uniforme perché questo era ed è ancora il mio abito. Con la divisa addosso sono sempre stato bene. Vado fiero nell’indossarla!”. E con quella uniforme, arricchita da tante decorazioni al valore, si è presentato commosso a ricevere il premio forse più bello della sua carriera: l’Associazione Bersaglieri di Capua, presieduta da Piero Centore, a fine anno gli ha valuto assegnare un riconoscimento per “l’impegno profuso nella sua attività professionale nell’Arma e in campo sociale e sportivo, esempio di fulvida cittadinanza capuana”. E’ stata una bella cerimonia alla quale erano presenti anche il sindaco Edoardo Centore (ex generale dei Carabinieri), i vertici locali dell’Arma e dei Bersaglieri, tanti amici d’infanzia e soprattutto la sua grande famiglia con l’amata moglie Elda e l’adorato unico figlio Stefano.
“Nella mia carriera – dice con molta emozione Gaetano – ho ricevuto diversi encomi, ma questo è quello a cui tengo di più, perché arriva dalla città dove sono nato, dalla mia terra che porto sempre nel cuore, fin da quando sono andato via a 17 anni. I miei concittadini sono stati bravi a fare tutto di nascosto e così per me il ritorno a casa si è trasformato in una bellissima sorpresa. Ancora più bello visto che a premiarmi si è presentato un amico d’infanzia, il giudice di Nola Gabriele Rendina, presidente dell’Associazione Reduci e Combattenti”.
Per un “duro” come lui è stato davvero impegnativo trattenere le lacrime a pioggia. “Che volete che vi dica: dentro questa divisa c’è pur sempre un cuore che batte! – sottolinea sorridendo con quel suo spiccato accento campano – Questo premio mi onora ed emoziona, forse ancor più di quello ricevuto il 1 aprile del 2006, quando l’allora Ministro della Difesa Ignazio La Russa mi consegnò il grado di Maresciallo ordinario, dopo tante missioni all’estero”.
Per la Pace, Gaetano Galbiati è stato più volte in giro per il mondo. Era anche a Nassiriya in quel maledetto 12 novembre 2003 dove il contingente italiano fu massacrato da un attacco terroristico al quale lui scampò per poco.
“Avevamo appena fatto colazione e ci eravamo spostati per iniziare il nostro turno di guardia, a poche centinaia di metri dalla nostra base Maestrale che venne attaccata con un camion carico di tritolo. Non potrò mai dimenticare la tremenda esplosione, il fumo acre, il buio e quello che vidi dopo. Veder morire tanti amici, tanti fratelli, è stato terribile. Voglio dire che non si partecipa alle missioni di pace per andare in villeggiatura, ma perché crediamo in quello che facciamo. Nel mio caso mi hanno sollecitato i comandati delle missioni. Ognuno vuole al suo fianco i propri uomini di fiducia e per la stima che mi dimostravano non potevo certo dire di no. L’allora colonnello di Monza Maurizio Mezzavilla mi volle come suo segretario personale nella Missione nei Balcani. Così mi sono ritrovato via via in Bosnia, in Kosovo, a Timor Est, in Iraq. Solo per fortuna sono ancora qui e con diversi riconoscimenti attaccati alla mia divisa”.
Fortuna certo, coraggio tanto e un pizzico di sana follia pure, come quella che mise in mostra a Rescaldina di Legnano nel lontano 1974, quando al volante della sua Gazzella sventò una rapina alle Poste, sfondando con la vettura la vetrata dell’ufficio postale e incastrando, arma alla mano, i tre rapinatori contro il bancone. Al comandante del Nucleo Radiomobile di Monza non rimase altro che dire: “Un altro pazzo mi hanno mandato, ma sono ben felice di averlo”.
Dal 1971 fino al 2006 Gaetano Galbiati è stato al volante della sua Gazzella, diventando così il più vecchio autista in servizio al nucleo radiomobile della Compagnia di Monza. In 35 anni ne ha viste di tutti i colori, dai conflitti a fuoco ai sequestri di persona, dalle rapine al terrorismo. Tra le sue imprese più clamorose quella di Cogliate del ’76. Si mise alla caccia dei cosiddetti “ragazzi della Porsche”, protagonisti, tra le varie, di un attentato alla caserma dei carabinieri di Cesano Maderno.
“Da solo avevo individuato uno dei soggetti e lo avevo seguito fin nei pressi di una cascina dove si erano nascosti. Erano noti personaggi della malavita, gente senza scrupoli. Due erano già stati arrestati ed erano pure evasi. Vennero catturati tutti dopo un serrato conflitto a fuoco”.
Durante il periodo delle famigerate Brigate Rosse venne assegnato dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa alla scorta personale di Antonino Cusumano (Presidente della Seconda Corte d’Assise e d’Appello del Tribunale di Milano). Fu poi addetto alle scorte personali di diverse autorità, in prima linea nelle operazioni di liberazione di alcuni sequestri di persona. Una delle “missioni” più belle rimane però quella del 1975: arriva alla centrale operativa di Monza la chiamata di una gestante alla fine della gravidanza. La donna non riusciva a rintracciare il marito e aveva urgente bisogno di aiuto. La Gazzella condotta da Gaetano corse a tutta velocità a sirene spiegate ma non fece in tempo ad arrivare all’ospedale. Il bimbo nacque sulla Giulia.
Per raccontare Gaetano ci vorrebbe davvero un libro intero, fatto di mille storie, aneddoti e tante foto ricordo che sintetizzano una vita vissuta intensamente, spesso anche in modo non proprio tranquillo. Un personaggio unico, pacioso, dotato di epidermica simpatia e un cuore grande, tanto almeno quanto lui e spesso ancor di più. Capace di travalicare, di inondarti di buoni sentimenti, ma anche di regole e di rispetto. Spesso al Sada lo sentiamo urlare bonariamente alle sue ragazze e ai suoi ragazzi. Un educatore all’antica, con una passione verace, pura, come il suo animo sportivo.
Da più di dieci anni ormai, ogni giorno apre e chiude il vecchio stadio, affidato nella gestione alla Fiammamonza. Di fatto responsabile della struttura, è sempre il primo ad arrivare all’alba e l’ultimo ad andare via a sera tarda. Da 26 anni è preparatore dei portieri della Fiamma, attività che ha iniziato al fianco del compianto mister Fabrizio Levati, ma soprattutto a lui va il merito di aver tenuto in piedi la società di calcio femminile quando cinque anni fa il fallimento era annunciato. Ha indossato per un anno la giacca del presidente e ha cercato di salvare “capra e cavoli” con l’aiuto di due amici, altrettanto appassionati: Roberto Mazzo, presidente della Juvenilia (oggi presidente del sodalizio) e l’ex giocatore biancorosso Beppe Zandonai. Il 7 maggio dello scorso anno è stato appagato di tutti gli sforzi con il ritorno in B delle ragazze.
“E’ stata una giornata memorabile, commovente, una delle più belle della mia vita, non solo sportiva – dice oggi Gaetano Galbiati – Dopo quattro anni di sacrifici abbiamo raggiunto la promozione in serie B, un traguardo per noi importante, dopo gli anni bui. Quel giorno a Bergamo, sul campo neutro dove abbiamo sconfitto l’Olimpia Paitone, ho pensato all’amico Fabrizio Levati e al professor Reno Ceraso, che ha dato il via alla Fiamma. Gente per bene che merita tutto il mio rispetto. Così come la signora Natalina Ceraso Levati. Senza di loro non sarei qui a coltivare questa mia grande passione”. Così per coltivarla meglio e non farsi mancare nulla si diletta anche ad allenare i portieri della Juvenilia.
Carabiniere nell’animo, portiere e allenatore per passione, generoso di natura, tanto da essere fautore di tante iniziative di beneficenza, a vari livelli, dagli incontri della Nazionale Cantanti a quella delle Superstar ex calciatori. Non a caso è anche Ambasciatore dei Diritti Umani e di Tolleranza United for Africa, riconoscimento consegnatogli nel 2011 nella Sala Verdi del Conservatorio di Milano (nella foto sotto).
“Oggi però vado fiero di questo premio ricevuto a Capua perché viene riconosciuto soprattutto il mio impegno sociale che per me è sempre stato fondamentale. Un impegno per la collettività, al di là della divisa. L’organizzazione di eventi benefici per la raccolta di fondi destinati a bambini malati che necessitano di cure. Di questo ne vado orgoglioso. Un ricordo doveroso va all’amico Gabriele Stefanoni che mi ha sempre dato una grande mano. Inutile dire che Gabriele mi manca e lo ricordo sempre con affetto. Grazie a lui e a tanti amici benefattori di tante associazioni come i Lions e i Rotary siamo riusciti a portare a termine tante cose belle”.
A ricordarsi di Gaetano c’è anche Manù, una bella bimba africana operata agli Ospedali Riuniti di Bergamo per una grave malformazione al cuore. Uno dei tanti cuori che battono grazie al cuore grande di un carabiniere un po’ folle che crede nell’amicizia, nel bene, nella solidarietà e nella fede.
Carlo Gaeta
Nota a margine
Caro Gaetano, questo infondo è un modo per ringraziarti ancora per quella volta in cui mi salvasti “in corner” da una ingiusta denuncia per diffamazione a mezzo stampa intentata dall’arbitro Pierluigi Magni, funzionario bancario di Bergamo.
Al termine della nervosa partita tra Monza-Varese, giocata in mezzo alla nebbia al vecchio Sada a fine novembre del 1982, la giacchetta nera di turno (allora vestivano solo come corvi), che peraltro aveva concesso un inesistente rigore ai danni del Monza, uscendo dal campo, prima di entrare nell’angusto tunnel che portava negli spogliatoi, rispose con un evidente gesto scurrile agli improperi del pubblico sceso dagli spalti per “ringraziarlo” del penalty regalato ai varesotti.
Mentre con la mano sinistra teneva il pallone, con la destra, guardando con spregio i tifosi “incazzati”, fece il gestaccio di toccarsi le sue sfere, mandando i sostenitori nostrani a quel paese. Nel semi buio del tunnel accadde un mezzo casino e volarono parole grosse, schiaffi e calci, con protagonisti alcuni dirigenti. Il tutto venne riportato dal sottoscritto, in un box su “Il Giornale”, e dall’amico Maestro Giancarlo Besana su “Il Corriere di Monza”.
Il pretore di Monza Ambrogio Moccia, incuriosito dalla vicenda, aprì d’ufficio un’inchiesta che avrebbe poi portato alla condanna dell’arbitro a 150mila lire di multa. Condanna che evitò al Carletto e allo zio Gianca gli esiti di una bella denuncia per diffamazione, già intentata dall’arbitro per rispondere di fatto a quelle che diceva essere false accuse e non un resoconto di cronaca, non proprio sportiva.
L’unico a presentarsi come testimone, presente sul campo, fu Gaetano Galbiati, che, a precisa domanda del giudice, confermò di avere visto l’arbitro toccarsi gli zebedei. Una deposizione che mi salvò dal pagare per anni un risarcimento, evitando anche il “massacro” professionale dei miei capi servizio milanesi, tra cui ricordo con piacere Filippo Grassia e Roberto Perrone. Bei tempi andati, come si suole dire.
Erano gli anni in cui sulla pachina del Monza sedeva il saggio Sor Guido Mazzetti da Perugia e al Varese Calcio c’era un tale Beppe Marotta, rampante direttore sportivo. Qualche tempo dopo il bravo Beppe giunse a Monza e fu occasione per ricordare insieme quell’episodio. Ebbene, il rigore non c’era! Pace all’anima del signor Magni prematuramente mancato una decina di anni fa.