Dobbiamo desolatamente prenderne atto: la Brianza ha definitivamente alzato bandiera bianca, rinunciando alla sua rappresentanza imprenditoriale che passa di fatto a Milano, forse perché non ha mai avuto le “palle” per autodeterminarsi come territorio, pur avendo i numeri e un grande potenziale economico.
Con 25 voti favorevoli sui 28 presenti (2 contrari e un astenuto) il Consiglio della Camera di Commercio di Monza e Brianza si è espresso la per la fusione (belli fusi davvero!) con Milano.
Padre di questa “geniale” operazione anti-Brianza, manco a dirlo, un brianzolo purosangue, Carlo Edoardo Valli, da Renate, classe 1936, uno che sulla Brianza ci ha pasturato in lungo e il largo, diventando un vero e proprio recordman di poltrone: prima Sindaco nel suo paese, poi presidente dell’Associazione degli Industria di Monza e Brianza, dell’AC Milano, della SIAS Autodromo Nazionale di Monza, del Comitato Pro Brianza Brianza, dell’editoriale “Il Cittadino”, vice presidente nazionale di ACI (insieme ad altri due), membro del CdA della Triennale di Milano (come rappresentante della Camera di Commercio MB della quale, strano ma vero, è presidente fin dalla prima ora) e di altri autorevoli board, come il consiglio territoriale di Monza e Brianza di Unicredit, dell’Università Cattolica, di Promos e via andare in altri consigli di amministrazione, più o meno autorevoli, di varie aziende, tra cui quella di famiglia, la Valli delle maniglie, per intenderci, oggi arredobagno. Non gli è riuscito solo il grande salto nella politica dove ha sognato prima di diventare senatore, poi consigliere regionale, quindi primo presidente della Provincia MB e, infine, assessore di nomina presidenziale al Pirellone. Qui gli è andata buca, altrimenti avrebbe azzeccato un fil rouge da record mondiale. Sostenuto sempre, ovviamente, da tanti buoni amici brianzoli, molti dei quali, forse, oggi si stanno mangiando le mani fino al gomito.
Siamo difronte ad un bel martello, che, dimenticando la sua provenienza territoriale, è stato il fautore primo dell’accorpamento della Camera di Commercio di Monza con quella di Milano, contento di dire “si” all’amico Carluccio Sangalli, presidente di Confcommercio e della Camera di Commercio di Milano. Bel martello pure lui, con tante sedie sotto il deretano. Stiamo parlando di personaggi che ci sanno fare, (mica di “baluba”) che sanno muoversi e sanno cambiare idea all’occorrenza; perché “solo i morti e gli stupidi non cambiamo mai idea” (cit. James Russell Lowell).
E infatti gli stupidi siamo noi che abbiamo creduto fin dalla prima ora in una Brianza capace di rendersi autonoma dalla grande metropoli, di giocare una sua partita, dando vita ad un Provincia produttiva e rappresentativa di un’area sistema vincente, tra le prime della regione, del Paese e pure dell’Europa. Così non è stato per varie ragioni. Creduloni noi che un bel giorno, complice la crisi, ci siamo sentiti dire che la Brianza può vivere solo per ciò che di grande accade a Milano. Come se Expo arrivasse ogni anno.
Abbiamo finalmente capito perché in questi anni la Camera di Commercio di Monza si affannasse a divulgare statistiche nazionali su vari argomenti di ordine economico con ricadute sul territorio. Perché per noi valevano solo le ricadute. Così, viste le teste pensanti in circolazioni dalle nostre parti, la scarsa lungimiranza politica e l’inesistente vision territoriale, sian passati direttamente dalle ricadute alle pesanti cadute, via via perpetrate prima dall’Unione dei commercianti di Monza e circondario, poi dall’Associazione degli Industriali e infine, dalla Camera di Commercio. Se perdiamo pure il Gran Premio, possiamo chiudere baracca e burattini e buttarci dal ponte di Paderno.
Così via via è andata in scena la farsa ipocrita di questa scarna e scarsa rappresentanza briantea, la stessa che una decina di anni fa aveva plaudito allo sganciamento di Monza da Milano. Ci avevano detto che per funzionare meglio dovevamo avere rappresentanze di prossimità, che avremmo avuto più risorse “nostre”, che così la burocrazia si superava meglio. Tutte balle, alla luce di quanto accaduto oggi. Siamo tornati indietro d’un botto di nove anni nei quali, però, la Camera, con le sue 90mila imprese aderenti, ha funzionato bene tanto da presentare bilanci tutt’altro che moribondi.
Un altro dubbio ci assale: in tutti questi anni ci siamo dovuti “suppare” (come detto) valanghe di statistiche su tutti gli argomenti possibili e immaginabili, da quanto indotto produce il derby calcistico di Milano a quanti pesci muovono le economie lungo il Lambro; ebbene, è stato portato a termine un sondaggio preciso su questo mortale accorpamento con Milano tra le 90mila imprese associate alla Camera di Commercio di Monza? Ci siamo persi qualcosa?
La bellezza di 25 “lungimiranti” consiglieri hanno detto si alla fusione. Ci piacerebbe sapere con quale reale motivazione, chi rappresenta la sparuta truppa e soprattutto se davvero costoro avevano mandato diretto per votare una fusione che avrebbe dovuto essere dibattuta e condivisa a maggioranza all’interno delle singole associazioni e degli enti che rappresentano prima di essere portata nel consiglio camerale per la delibera ultima.
Questi signori in tutti questi anni hanno creduto davvero nell’idea di una Grande Brianza economica oppure erano li a rappresentare se stessi, gli interessi di bottega, della loro bottega in particolare?
Se ne sono infischiati persino del parere dei Sindaci e della Provincia che venerdì scorso, riuniti in assemblea straordinaria, avevano approvato un documento (poi inviato a tutti i consiglieri camerali) di sostegno all’autonomia della Camera brianzola in attesa dei futuri assetti costituzionali e territoriali. Cosa che era stata chiesta anche dai sindacati locali, dai consumatori, da Confimi Monza e Brianza, associazione che rappresenta il mondo manifatturiero, e dal Comitato Brianza Provincia.
Perché tutta sta maledetta fretta? Che urgenza c’era, visto che i decreti attuati della riforma Madia della PA arriveranno, se tutto va bene, a fine agosto?
I colpi di mano si fanno solitamente a cavallo delle ferie o nel bel mezzo della vacanze.
Per la cronaca, i voti contrari sono stati dei consiglieri Marco Viganò (Cisl, espressione dei sindacati) e Carmine Villani (ADOC, espressione delle associazioni dei consumatori), astenuto Giuseppe Meregalli (ex presidente di Confcommercio Monza e Brianza). Tutti gli altri (Confcommercio esprime altri 2 consiglieri) hanno votato a favore (anche i rappresentati di Assimpredil che a Milano si erano invece astenuti, perchè in Italia due più due non fa mai quattro).
Sono molti i conti che non tornano e sono state pure sollevate questioni di legittimità sul fatto che la Camera di un’area metropolitana si possa unire a quella di un’Area Vasta (questo in base alla legge 580 che regola le Camere di Commercio e del combinato delle norme delle leggi Del Rio e Madia. “In questo caso – ha sostenuto il consigliere Viganò – dovrà essere il ministero dello Sviluppo economico ad esprimersi sulla vicenda”.
Noi invece alla Fantozzi ci esprimiamo subito, senza indugio: “E’ una ca…ta pazzesca!”. Così facendo si mette a repentaglio anche l’idea dell’Area Vasta che avrebbe potuto avere un fortissimo ente camerale con 200mila imprese.
Perché un portale che solitamente parla del Bello e del Buono spreca tempo nel raccontarvi questa autentica fetenzia, certamente non in linea con la primaria mission editoriale? Semplice. Perché BrianzaPiù vuole essere la cassa di risonanza di questo territorio, che non deve diventare la periferia estrema di Milano. Perché non possiamo accettare l’idea di una Brianza supina, retta da persone che barattano facilmente questo territorio, non per 30 denari, bensì per 30 cadreghe.
Forse abbiamo sbagliato nel credere in una BrianzaPiù, facevamo prima a chiamarci MilanSemChi, magari a quest’ora avevamo già un bel posto al sole! E vada via i ciap!
Carlo Gaeta