Editoriali & Opinioni

Camera di Commercio MB, la Brianza con il cervello “in fusella”


Camera di Commercio MB sede piazza CambiaghiL’involuzione del territorio brianteo è ormai conclamata. Così come appare evidente la poca lungimiranza politica che si osserva nelle tre grandi Brianze, Monzese, Comasca e Lecchese. L’abbattimento delle Province sta portando a risultati davvero tristi sotto l’aspetto dell’autonomia e più in generale del futuro riconoscimento territoriale: abbiamo assistito inermi alla liquefazione della storica associazione degli industriali monzese, confluita mesi fa in Assolombarda, ora si annuncia quella della Camera di Commercio di Monza e Brianza, che – salvo miracoli – quasi certamente lunedì varerà l’accorpamento alla Camera di Milano, il cui parere è già stato favorevole (e ci mancherebbe! arrivano danè freschi dalla Brianza!).

Da una parte una Monza allo sbando, dall’altra Como che pensa di avere il physique du rôle per essere capoluogo della nuova Area Vasta, primo perché fa figo mostrare il vessillo del grande turismo del lago, e poi perché ha sempre guardato in cagnesco i cugini monzesi e anche i confinanti dell’altro ramo del Lario. All’angolo Lecco, che, da basso del Resegone, pensa di avere formaggi e formaggini buoni prodotti in Valsassina, oltre ad una siderurgia e un tessile immersi nella crisi, e guarda a Sondrio e alla Valtellina, che a noi paiono così lontane.

Manca una visione d’insieme dell’Area Vasta o della Grande Brianza che sia. Così anche l’area lariana rischia di venir divisa a fette in Cantoni dai confini poco chiari, quando, per logica, dovrebbe essere il fiore all’occhiello dell’intero territorio che può vantare affinità elettive ed economie di assoluto rispetto, in grado di proiettarlo ai vertici italiani ed europei. Unito però! Smembrati serve a poco.

E’ questione di interessi di bottega, di denari, di potere politico, di collegi, di sedie e poltrone ma soprattutto di teste che in Brianza paiono davvero andate “in fusella”. Qual è la vision comune per questa “terra di mezzo” schiacciata tra le Prealpi e la Metropoli. Un tempo era la terra dell’impresa, del design, dell’artigianato, del lavoro e della voglia di fare e di affermare il proprio brand. Con tanta fatica era pure stato varato il marchio “Made in Brianza” che poteva essere il timbro della qualità comune e adesso rischia di diventare una sorta di visto alla tumulazione del caro estinto.

Proprio oggi un giovane amico milanese, apostrofando un mio post su Facebook, mi ha risposto sarcastico che non vedeva l’ora di vedere Monza come un quartiere della Grande Milano. Mi vien quasi da piangere, anche se so bene che Monza e la Brianza meritano ben poco, basta vedere le facce che ancora girano, le stesse che un tempo “tifavano” per la Provincia adesso hanno fatto il dietro front e guardano a Milano, perché una poltrona meneghina val sempre di più di una cadrega brianzola, pur fatta dai bravi mobilieri locali.

Questa è la becera logica. Messa in atto da chi di cadreghe in vita sua ne ha occupate tante quanto una platea di un cinema (mi viene in mente in vecchio Mignon di Monza che, viste le “maialate” che si proiettavano e quelle che si stanno ultimamente consumando dalle nostre parti, mi pare il luogo giusto per la metafora).

La nuova Camera di Commercio di riferimento per la Brianza monzese diverrebbe così quella di Milano e Lodi. Occorrono 22 voti qualificati (e presenti) sui 33 del consiglio camerale monzese.

Ci pensino bene questi signori imprenditori (a proposito, lavorano tutti o fanno solo chiacchiere di opportunismo e ipocrisia nei salotti locali che contano sempre meno) ad affossare un’idea meravigliosa che non ha prodotto debiti e anzi ha funzionato bene dal 2007 ad oggi, assicurando un servizio di prossimità al territorio, con tante iniziative, ma soprattutto svolgendo il compito di punto di riferimento per l’impresa.

Tutto parte dalla riforma del Ministro Madia sulla Pubblica Amministrazione che vedrà presto i suoi decreti attuativi. In Italia dovranno rimanere 60 Camere di Commercio delle 105 esistenti. Si è cercato di mettere insieme Monza con Como e Lecco, per creare un’ente camerale forte di quasi 200mila imprese (solo Monza ne ha 90mila e, stando alla nuova norma, potrebbe starsene bella da sola) ma le risposte sono state evanescenti, poco chiare, tese a far fumo e non a costruire. La politica si è mossa male, sottovalutando certi sviluppi e non prendendo di petto la questione, a parte qualcuno che sul territorio ci lavora da sempre. Sono pochi però. Gli altri sono affaccendati in beghe nazionali.

Il discorso è scivolato in questi mesi sull’Area Vasta o sulla Grande Brianza. Con quale autonomia? Con quale potere decisionale ed esecutivo? Probabilmente poco più di zero. Mentre dall’altra parte preme forte l’Area Metropolitana che avrà competenze importanti già scritte. La Regione intanto ha proposto i Cantoni che per molti versi paiono una “cantonata”, laddove dividono la Brianza.

Carlo Edoardo Valli

Carlo Edoardo Valli, Presidente della Camera di Commercio MB

Gli imprenditori locali cosa pensano? Cosa vogliono? A cosa mirano? Mi è stato risposto “a lavorare” ed avere “risorse”. Ovvio, ma lavorano meglio con riferimenti territoriali o con riferimenti a tre ore di strada? Meglio una burocrazia vicina o lontana, con tangenziali piene zeppe da superare e metrò che in Brianza non arrivano? Questa battaglia l’avevamo già fatta e vinta pure per poi tornare indietro. Belle teste. Andate a rileggervi certe dichiarazioni di coloro che oggi sono li per li per fondersi con Milano. Fusi davvero!

E’ vero che gli unici benefici che hanno ottenuto in questi ultimi tempi le imprese locali sono stati quelli dell’Expo di Milano? Quindi sono frutto di un evento svoltosi nella Grande Milano?  Allora per far vivere la Brianza dobbiamo fare gli eventi giganteschi a Milano? Far vivere Milano per poi vivere di rendita? Sempre in secondo piano, raccogliendo le briciole?

Mi dispiace, ma non la vediamo così. E ci risulta pure che, tolti gli effetti immediati per pochi e qualche buona iniziativa finita in fretta, gli esiti di Expo non sono stati poi così eclatanti per le imprese brianzole, ad esclusione di quelle turistiche, a Como in particolare.

Una nota positiva arriva dall’assemblea dei Sindaci dei Comuni della Brianza che, riuniti nella sede dell’ex provincia MB, si sono espressi contro l’accorpamento della Camera di Commercio di Monza a Milano e hanno chiesto di congelare ogni decisione. Così come i Sindacati e Confimi Monza e Brianza, associazione che rappresenta il mondo manifatturiero, che hanno chiesto alla Camera di Monza di rimanere autonomia.

Alla riunione non c’era il Presidente Carletto Valli in vacanza. Speriamo non in qualche spiaggia comune con il suo quasi omonimo Carluccio, Sangalli, Presidente della Camera di Commercio di Milano, al quale – si dice – che in caso di accorpamento farà da vice. C’era invece il mega direttore Renato Mattioni, che ha espresso pareri tecnici tra cui uno di opportunità legata al rinnovo delle cariche: “Monza scade a luglio, non c’erano i tempi tecnici per gestire rinnovi e accorpamenti, sarebbe stato necessario un commissario”. Mah, che dire.

I sindacati sottolineano che «Nonostante il taglio del 50% del contributo al sistema camerale quella di Monza e Brianza è l’unica Camera in Lombardia il cui bilancio preventivo 2016 è stato approvato senza previsione di perdita; si stima che in Brianza nel 2017 possano essere ancora distribuiti 1.850.000 euro alle imprese”. Appunto! Allora perché farsi fagocitare da Milano?

Stiamo calmi ragazzi e, con dignità, non facciamoci prendere la mano dai “milanesi”. Bisogna riflettere e per riflettere bene il cervello non può essere “in fusella”.

Carlo Gaeta 

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