Dal 24 al 29 maggio andrà in scena a Milano, al Teatro Out Off, “Acciaio Liquido” di Marco Di Stefano, uno spettacolo teatrale di grande spessore, ideato e adattato dalla regista e attrice Lara Franceschetti, in una produzione di Spazio Verticale con la collaborazione del Teatro Out Off.
“Acciaio Liquido” si sviluppa e prende forma da un fatto realmente accaduto, di cui i segni permangono, visibili, anche se non sempre guardati.
E’ la notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007 quando l’acciaieria della ThyssenKrupp di Torino si fa palco di una tragedia: un rogo improvviso decreta la fine per sette operai che come ogni giorno prestavano servizio nell’azienda.
L’Italia intera si arresta e smette di respirare. Un’apnea generale. Eppure oggi sembra tutto così lontano: il respiro è tornato e molti sembrano aver dimenticato cosa significhi non avere più ossigeno nei polmoni ed il suono delle due parole Morti Bianche.
Sei dirigenti, con a capo l’amministratore delegato, sono processati e condannati a scontare la massima pena. Il gruppo siderurgico, al fine di provare ad ottenere uno sconto ed in parte a salvarsi, offre una cifra da capogiro, mai vista prima in un processo penale, sperando così di evitare che le famiglie delle vittime si costituiscano parte civile. Ma il tentativo della multinazionale di sottrarsi al mirino dell’opinione pubblica fallisce miseramente.
Leva su cui poggia lo sviluppo dell’intera drammaturgia è la dualità dell’essere umano, espressa in questo tema dal concetto di doppio giudizio, riguardo ad ogni cosa, perfino di fronte a una verità che appare oggettiva. Molti sono i temi che si aprono durante lo spettacolo: libertà, giustizia, futuro, identità. Temi che l’uomo moderno riesce a fatica ad incollare al proprio animo, risultando spesso schiavo di se stesso, di ciò che crede di essere o di dover essere, spesso incastrato nel dubbio e immobilizzato nella paura.
E poi il rischio ed il non rischio, in tema di sicurezza, spesso resi trascuratezze capaci di bypassare la vita, unica vera matrice dell’uomo, allontanandolo dalla spinta naturale all’esistere e rendendolo cieco. Una cecità volontaria in nome del profitto, ambito ad ogni costo e con ogni mezzo.
Lo spettacolo spinge a scandagliare le radici sotterrate nella propria interiorità, fino ad identificare con chiarezza: chi siamo, cosa siamo, cosa meritiamo, cosa non dobbiamo accettare e a cosa non possiamo, e non dobbiamo rinunciare. La messinscena costruita su cinque blocchi scorre, intervallata da estratti di sentenza, e porta alla luce il doppio volto di ogni soggetto: quello ufficiale, l’abito, e quello umano, l’uomo.
Gli operai, i dirigenti, i parenti delle vittime e la giustizia sono tutti barche in mezzo ad un mare che, con le sue incostanti correnti, li sospinge tra le onde, ora a svelare, ora a celare le loro doppie identità.
E allo spettatore giunge, in un getto, la percezione netta che la verità assoluta si fa inafferrabile e che, nel divenire tale, perde inevitabilmente il suo idealizzato carattere univoco.
La giustizia avvolge tutta la messa in scena, originandosi dalla sentenza di primo grado fino a giungere alla chiusura, la cassazione, e mostrandosi come nella realtà: costruita su parametri troppo rigidi e al tempo stesso ampi, tali da permettere l’insinuazione dell’errore, della perdita del concetto di giusto e sfociando in una conclusione talvolta paradossale e di spinta opposta alla sua originaria funzione.
Sarebbe solo l’umanità, infatti, a poter analizzare temi delicati dell’esistenza, quali le insicurezze e le paure degli uomini, ma è comunque costretta ad operare scelte e ad emettere un verdetto, capace certo di spiazzare. Non si può, non si riesce a trovare spiegazioni, a comprendere davvero. E la verità assume i connotati del dubbio.
Lara, cosa significa ‘teatro’ e qual è il tuo modo di fare teatro?
“Gravito nel mondo del teatro ormai da una ventina d’anni e, solo nell’ultimo decennio, ho iniziato a capire con quale forma desideravo procedere davvero nell’arte. Crescendo, facendo esperienza ed incontrando i grandi maestri del teatro, è maturata in me la consapevolezza che andare in scena doveva essere, sì una necessità, ma anche una grande responsabilità. Proprio per questo, nei miei ultimi progetti, mi sono preoccupata di sviluppare tematiche inerenti all’uomo, stimolando le domande, senza dare risposte precise. Solo così lo spettatore può assistere ad una messa in scena, entrando in reale contatto con ciò che in essa avviene, ed uscendone con una vera riflessione.”
Credi sia possibile sensibilizzare l’opinione pubblica attraverso l’arte, e nel tuo caso gli spettacoli teatrali, fino a determinare un cambiamento sociale nel tempo?
“L’arte del teatro è un potente mezzo per riuscire a comunicare in modo diretto con le persone e non può esaurirsi in uno spettacolo, non deve. Noi possiamo solo rieducare il pubblico a quest’arte, accogliendolo nei nostri luoghi e in nuove dimensioni, per portarlo a vivere, insieme, e nel tempo di una singola storia, tutte le storie di coloro che in quel luogo, o in quello spazio, scelgono di essere protagonisti.”
Da cosa hanno origine i tuoi progetti e come giungono alla realizzazione?
“I miei progetti nascono dalla velocità di un’idea ma la loro realizzazione è molto minuziosa e necessita di parecchio tempo. Questo perché non amo che nulla sia lasciato al caso.”
Quale potrebbe essere la frase chiave di Acciaio Liquido?
“La frase-nucleo dello spettacolo è senza dubbio: ‘Di fronte a una scelta, spesso, l’uomo contemporaneo non riesce a dire NO.”
Infine…hai già in mente altro da regista? Rivedremo presto tue creazioni in scena?
“Si, ho in cantiere un nuovo progetto. Sarà una nuova storia che, come Acciaio Liquido, divide per poi riunire.”
Lara Franceschetti – Regista, attrice, pedagoga e autrice. Si diploma in Italia e al GITIS di Mosca sotto la guida del maestro Jurij Altschitz con il quale collabora tutt’ora. Partecipa al rilevante progetto europeo Pedagogia della Scena, condotto e diretto da Anatolij Vassiljev (premio Ubu 2013). Lavora come attrice in diverse produzioni teatrali. Dal 2000 insegna tecniche di improvvisazione e recitazione presso il CTA (Centro Teatro Attivo di Milano) con grande successo e forti riscontri degli allievi e, dal 2012, conduce il laboratorio stabile di formazione sulla Verticale del Ruolo. Nel 2014 la troviamo fondatrice dell’Associazione Spazio Verticale.
Marco Di Stefano – Autore e regista, nasce a Milano, si diploma in drammaturgia alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano e si laurea in Teatro al DAMS di Bologna. Nel 2007 vince il premio ETI Nuove Sensibilità con il testo Falene. I suoi testi e spettacoli sono stati prodotti e rappresentati in Italia e all’estero con alcune delle più importanti istituzioni teatrali. Ha pubblicato testi e raccolte di poesia. E’ fondatore e regista della compagnia La Confraternita del Chianti, con la quale sta lavorando al progetto internazionale Pentateuco.
di Elizabeth Gaeta
“ACCIAIO LIQUIDO” di Marco Di Stefano – Spazio Verticale in collaborazione con Teatro Out Off –
Teatro Out Off – Via Mac Mahon, 16 – Milano (Mi)
Dal 24 al 29 maggio 2016
progetto, ideazione e regia: Lara Franceschetti Assistente alla regia: Paolo Panizza Scene e costumi: Maria Chiara Vitali Light Designer: Giuliano Bottaccini Video: Massimiliano Gusmini (Mud) – otolab 2012 – Con: Federica Armilis, Angelo Colombo, Andrea Corsi, Giovanni Longhin, Fabrizio Lombardo, Francesco Meola, Claudio Migliavacca, Giuseppe Russo.
Orari:
Da martedì a venerdì ore 20.45
Sabato ore 19.30
Domenica ore 16.00
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