Fino al 29 novembre 2015 la mostra “Com’è viva la città. Art & the City 1913-2014”, ospitata a Como nella dimora storica di Villa Olmo, raccoglie oltre cinquanta opere che, utilizzando diversi media, supporti e linguaggi espressivi, indagano i modi del vivere quotidiano attraverso lo sguardo di artisti italiani ed internazionali. Una panoramica lunga un secolo: quello della nascita e dell’affermarsi della città moderna.
Marco Cingolani “La rivoluzione siamo noi” (1991). L’opera è stata protagonista di un “flash mob” inscenato davanti a Villa Olmo da un gruppo di giovani
Davvero meritevole di una approfondita visita la rassegna d’arte contemporanea allestita nella stupenda cornice di una delle tante ville di delizia del lago. C’è una sintesi ricca della visione della città con gli occhi e le tecniche di alcuni dei maggiori talenti artistici del nostro tempo. Come sempre l’arte riesce ad offrici letture diverse del nostro spazio abitato, delle nostre strade, dei palazzi, dei parchi, della vita che frenetica scorre in questo orizzonte, ai piedi della skyline metropolitana. Rimaniamo colpiti, quasi incantati, dall’estro e dalla genialità delle avanguardie che, astraendosi dalle architetture e dalle geometrie classiche, ci proiettano in un mondo spesso surreale, artefatto, persino finto, in grado comunque di farci sognare, regalandoci dimensioni diverse nelle quali possiamo muoverci con una insolita libertà. Davanti ad alcuni quadri il pensiero può volare libero e immaginare. Altri ci fanno riflettere sulla nostra esistenza. Possiamo entrare dentro nelle opere con la nostra sensibilità, con parte della nostra immaginazione fino a perderci nella cornice, faticando poi quasi ad uscire. Ed una volta fuori renderci conto che il viaggio è stato speciale, ricco di colore, di prospettive e di emozioni.
La sintesi della città proposta nella mostra di Villa Olmo non è soltanto viva, come recita il titolo, ma è soprattutto emozionante, splendidamente ricca di particolari che spesso passano in secondo piano. Persino alcune di queste opere sono di secondo piano, spesso ingiustamente dimenticate. Qui ritroviamo parte di quel genio artistico capace di esaltare le forme, gli spazi, i contesti, i complessi, ma soprattutto le “anime” di alcuni soggetti. Appare persino ridondante sottolineare la presenza di opere di artisti di valore assoluto come Warhol, de Chirico, Savinio, Pistoletto, Cattelan, Newton, Jaar, Lichtenstein, Turcato, Balla, Chia, Clemente, Radice…e molti altri.
Giacinto Di Pietrantonio, noto critico d’arte, curatore della mostra di Como, davanti al grande olio su tela di Arduino Cantafora “la Città Banale” (1945)
L’illustrazione fatta impeccabilmente durante il vernissage da Giacinto Di Pietrantonio, critico d’arte di fama internazionale, curatore della mostra, ci ha permesso di implementare il viaggio con fermate inattese e chiavi di lettura diverse, entrando dentro le simbologie, la poesia, gli aspetti fisici e metaficici, guardando la modernità e la postmodernità, interpretando tecniche e materia con gli occhi dello spettatore incantato. Un grazie va a quei collezionisti privati che, forse a fatica, si sono privati – il gioco di parole ci sta – di questi piccoli-grandi capolavori.
La città si esalta nelle opere presentate nelle sale di Villa Olmo come spazio di vita, come il nostro grande “vestito” che quotidianamente dobbiamo indossare, trovando sempre sfumature diverse. La città come insieme di case, di muri, di ostacoli, dentro i quali ci muoviamo cercando la nostra identità. La città fatta di tanti luoghi, di tanti spazi, di mercati e di parchi; di gente che s’incontra, che lavora, che vende e che acquista. E allora, come giustamente ha ricordato l’appassionato Di Pietrantonio, ecco che torna a galla l’ironia e la poesia di un famoso testo del grande Giorgio Gaber, che nel 1969 cantava: “Com’è bella la città, com’è grande la città, com’è viva la città, piena di strade e di negozi e di vetrine piene di luce, con tanta gente che lavora, con tanta gente che produce”.
In questo periodo di crisi di economie e di valori, in quest’epoca di deflazione anche dei sentimenti, in questo tempo un pò oscuro, pieno di ombre e di paure, la mostra di Como ci fa ritrovare la città che abbiamo amato e desideriamo rivivere.
Carlo Gaeta
Il soggetto della serigrafia su acciaio inox lucidato a specchio di Michelangelo Pistoletto si confonde con il pubblico della mostra. Lei però è un’inopportuna “passeggiatrice”, la Prost. n.4, icona forte della donna sfruttata, in cui il nostro riflesso e rifletterci sembra indicare una responsabilità collettiva della società (2008)
Se le mostre precedenti “La città nuova oltre Sant’Elia” (2013) e “Ritratti di Città” (2014), concepite dall’Assessore alla Cultura Luigi Cavadini come un excursus sul tema della città, hanno concentrato l’interesse su di un luogo fisico, architettonico e tangibile, la nuova mostra analizzerà il substrato della città.
Con i suoi fermenti, i suoi intrecci di relazioni umane, le sue contraddizioni e le diverse declinazioni di vissuto che la caratterizzano, la città è un luogo fondamentale del vivere sociale. La città si manifesta come un organismo complesso, multiforme e multicentrico. Un luogo che riflette inevitabilmente i cambiamenti della società che la vive: la società dello spettacolo (Debord), della comunicazione (Mc Luhan), liquida (Bauman), dei non luoghi (Augé), dell’industria culturale (Morin), del controllo (Foucault). Raccontare in modo didascalico tutte le sfumature delle vite che animano le città sarebbe impossibile, ma è possibile analizzare le strutture narrative e gli accadimenti cittadini.
“Com’è viva la città. Art & the City 1913-2014” è una mostra che permette di individuare i filoni principali del vivere quotidiano, per declinarli a macrocontenitori tematici, all’interno dei quali coesistono opere che in maniera tradizionale e figurativa mostrano luoghi ed azioni della città, insieme a opere, astratte e metaforiche, che allo stesso modo raccontano le dinamiche della città medesima. È così che la mostra si propone dunque come un racconto agito tra realismi, azioni e simbologie, volta ad entrare nelle strutture narrative quotidiane e storiche degli accadimenti metropolitani.
L’esposizione si basa sul presupposto antico per cui la città non è esclusivamente un manufatto architettonico, ma un organismo vitale e vissuto, le cui arterie sono ad esempio le vie di comunicazione rappresentate dalle automobili di Maselli, dai treni di Bartolini o dai passanti di Moriyama, in cui le folle producono le manifestazioni e i comizi di Turcato e Cingolani.
Non mancano ovviamente gli emblemi e i simboli delle grandi città, siano essi architettonici o naturali, come nel caso del Vesuvio di Warhol che rimanda inevitabilmente a Napoli o individuati nei progetti delle azioni di land art di Christo a Parigi e Berlino. Ma la città è fatta anche di relazioni tra esterno e interno, esasperati dal passaggio dalla modernità alla postmodernità e oltre. Questo passaggio tra il vivere pubblico e un’intimità propria del privato è ben descritta negli interni di de Chirico, Savinio, Casorati, Pistoletto e Lichtenstein, in contrasto con i bar di Chia, le feste di Cattelan o i bagnanti ritratti nella fotografia di Newton, che riportano il prodotto dell’era moderna in cui nasce per la prima volta nella storia il concetto di tempo libero. Troviamo allora i corpi ginnici nelle opere di Radice e Campigli, i luoghi dello sport nel lavoro di Toderi ed i parchi pubblici in Jori e Vitali. Ecco allora che le città diventano anche inevitabilmente i luoghi preposti per l’economia ed il commercio e sono molti gli artisti che si sono dedicati a rappresentare le merci e i luoghi propri di questi scambi, come Longoni, ma anche Beecroft e Linke che attraverso le proprie opere affrontano in modo critico la tematica dello scambio umano. Non poteva mancare un riferimento alle comunicazioni, con i segni pubblicitari di New York, ritratti nelle fotografie di Moriyama e in un quadro di Vespignani. Le città diventano anche i luoghi dello scontro e del terrore, della conquista e del rischio, declinazioni di cui troviamo riferimenti delle opere di Frapiccini, Kiefer e Bajevic, che individua nell’abbattimento delle Torri Gemelle uno spartiacque storico e civile, con un riferimento esplicito all’inevitabile rinascita.
Corredata da un fitto calendario di attività ed eventi collaterali, la mostra “Com’è viva la città. Art & the City 1913-2014” è visitabile fino al 29 novembre 2015, cita nel titolo le parole di Giorgio Gaber e si configura come un’imperdibile rassegna sulla tematica della città, affrontata dai più importanti artisti che hanno operato nell’ultimo secolo. Inoltre è al contempo un’occasione per godere delle numerose opere di richiamo internazionale, alcune provenienti da collezioni private, raramente esposte al pubblico prima d’ora, altre provenienti da importanti musei come il Castello di Rivoli, il Mart di Rovereto, il MAGA di Gallarate e il GAMeC di Bergamo.
ORARI
dal 18 luglio al 30 agosto 2015
martedì mercoledì venerdì dalle 15.00 alle 20.00
giovedì dalle 15.00 alle 23.00
sabato e domenica dalle 10.00 alle 22.00
dal 1 settembre al 29 novembre 2015
martedì mercoledì giovedì venerdì 10.00 – 20.00
sabato e domenica dalle 10.00 alle 22.00
Lunedì chiuso.
(ultimo ingresso consentito 1 ora prima della chiusura)
INFO
www.mostrevillaolmocomo.com
info@villaolmocomo.com
TEL +39 370 1306160 – + 39 031 571979 (dal 18 Luglio 2015)
INGRESSO
Intero euro 10; Ridotto euro 8; Scuole euro 5